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Valentino, il debutto poetico di Alessandro Michele

Al Pavillon des Folies Elton John, Jared leto, Pablo Sorrentino

Redazione Ansa

È quasi l'apparizione di un poetico fantasma che si aggira in un castello disabitato, le lampade coperte da lenzuola e i pavimenti di specchio incrinati dal tempo: è la nuova donna (ma c'è anche l'uomo) disegnata da Alessandro Michele per il suo debutto sulle passerelle parigine, dopo la nomina alla direzione creativa della maison romana di qualche mese fa. Un esordio molto atteso a cui assiste un parterre de roi: sir Elton John in testa, Jared Leto, Paolo Sorrentino, Carla Bruni Sarkozy, Valeria Bruni Tedeschi, Valeria Golino, Damiano David, Harry Styles, Alessandro Borghi, Emma Marrone, Ginevra Elkann e un numero considerevole di attrici-cantanti orientali, tra i quali Guang Xiao Tong, Sami Cheng, Liao Fan, Zhang Wan Yi.         

La nuova collezione pret-à-porter Primavera/Estate 2025, intitolata Pavillon des Folies, rilegge i codici della maison cari al suo fondatore, i fiocchi, le balze, i pizzi, i plissé, i tagli sartoriali, ma alla maniera dello stilista romano, secondo la sua visione massimalista della moda. Manca un accenno all'iconico rosso Valentino. La sua è una concezione del vestire poetica, romantica, che va al di la delle mode e dei generi, biglietto da visita del designer quando disegnava Gucci. Una filosofia della moda in cui nello stesso capo possono convivere in un'apparente, ma in verità studiatissima, "cacofonia estetica", decori opulenti, calze di pizzo, foulard portati a bandana, cinture vistose, fili di perle, catene d'oro, cuori e fiocchi, occhiali da sole specchiati, cappelli a falde enormi con broche e piume di fagiano. Tanti pezzi che presi singolarmente e venduti a migliaia di persone porteranno il fatturato di Valentino alle stelle.    

Intanto ragazze con stivali bianchi anni Settanta portati sotto abiti da sera di laminati svolazzanti o di balze di pizzo, e ragazzi in jeans e giacche di broccato stile "Morte a Venezia", con le immancabili borse a tracolla, magari a sacca con le frange, very anni Settanta, sfilano come spettri in un'atmosfera ovattata in una sala in penombra, che sembra un vecchio cafè chantant, con gli ospiti seduti anche loro come spettatori-fantasma, attorno a piccoli tavolini, nel semi-buio.       

"Siamo creature fragili - spiega Alessandro Michele -  esposte costantemente al senso del limite. Camminiamo in punta di piedi su specchi che si infrangono sotto il peso del nostro incedere. Non c’è passo che non rischi l’inciampo, la caduta. Non c’è respiro che non porti con sé l’ombra della vulnerabilità. Ci muoviamo, instabili, all’interno di un orizzonte transitorio che non consente vie di fuga. Tuttavia, proprio questa condizione ci inizia al vero significato della nostra dimensione temporale. Che senso mai avrebbe, infatti, il nostro transito terrestre se non fosse determinato nel tempo, ma fosse infinito?".     "In questa cornice, la bellezza può costituire un rimedio all’angoscia che si genera di fronte alla natura caduca e indeterminata del nostro destino. Un ancoraggio per navigare all’interno di quel pavillon des folies che chiamiamo vita. Tutt’altro che fugace e inconsistente, la bellezza è, infatti, in grado di produrre conforto e di accoglierci in un abbraccio che conserva il calore dei corpi. La sua è una funzione riparatrice: culla la fragilità e cicatrizza il disordine del reale".      

La sfilata è ancora più suggestiva perché si svolge sulle note della musica tardo-medioevo-barocca de "La Passacaglia della Vita" (Homo fugit velut umbra) - canto anonimo del 1657, tratto dalla raccolta Canzonette Spirituali e Morali che si intonano nell’Oratorio di Chiavenna, attribuita erroneamente al romano Stefano Landi - e qui interpretata dalla voce incantevole di Rosemary Standley (Dom La Nena · Birds On a Wire).

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