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Zara arruola Pilati, la collaborazione del designer italiano per il colosso fast fashion

Capsule 100 pezzi, dopo Waight Keller da Uniqlo e Posen da Gap

Redazione Ansa

Zara arruola Stefano Pilati, lo stile contro il fast fashion. Accompagnata da una campagna d'autore firmata Steven Meisel con Gisele Bundchen e lo stesso designer italiano, un party durante la fashion week di Parigi e un livestream con Cindy Crawford e la figlia Kaia Gerber, la nuova collezione ready to wear ha debuttato online e nei negozi della flagship di Inditex a prezzi compresi tra 17 e 380 euro. "È una opportunità straordinaria sapere che le mie creazioni sono accessibili ai più anziché essere confinate in un segmento di mercato riservato a pochi", ha detto lo stilista che per quattro anni è stato direttore creativo di Zegna e per otto capo del design di YSL quando Tom Ford era al timone. La capsule di oltre 100 pezzi, di cui 50 per l'uomo e una trentina per la donna più gli accessori, è la prima che Pilati presenta sotto il suo nome. Il nero e il grigio dominano la nuova linea dove compaiono però anche micro-fantasie a fragoline e camicie rigate dall'abbottonatura increspata. Giacche di pelle e altre da smoking, un abito trasparente con collo all'americana impreziosito e pronto ad essere indossato sopra i pantaloni, una tuta dalla profonda scollatura a V, pantaloni e gonne in pelle, stivali sopra il ginocchio coi lacci e cappotti in eco-pelliccia sono tra le proposte con cui il colosso spagnolo, la cui strategia di marketing punta a identificare istantaneamente le tendenze e a portarle nei negozi in tempi lampo, ha puntato per distinguersi dai rivali.
    Altri giganti della moda veloce hanno negli ultimi tempi sperimentato con le collaborazioni: ha dato il via nel 2004 H&M con edizioni limitate 'low cost' di vip dello stile come Karl Lagerfeld, seguito da Versace, Balmain, Stella McCartney, Alexander Wang, e più recentemente Giambattista Valli e Moschino. C'è però chi nel settore del fast fashion punta a costruire alleanze più durature.
    Dopo aver lavorato oltre dieci anni fa con Jil Sanders (J+) e più di recente JW Anderson, Marni e Marimekko, e dopo aver realizzato una capsule con C: di Clare Waight Keller, un mese fa il marchio giapponese ha affidato alla stilista britannica (alle spalle sei anni da Chloe e tre da Givenchy) la supervisione dell'intera produzione dei capi che lo hanno reso popolare: dai cachemire ai merino, e tutto quello che ricade sotto l'ombrello del Life Wear.
    Stile contro o con il fast fashion? Anche Gap ha imboccato la stessa direzione con la scelta del nuovo Ceo Richard Dickson di affidare sette mesi fa al newyorchese Zac Posen il timone creativo dei quattro marchi del brand: Gap, Old Navy, Banana Republic and Athleta. L'occhio di Posen ha funzionato quando Da'Vine Randolph si è presentata in un denim di Gap al gala del Met accompagnata dallo stilista in uno smoking Banana Republic di sua creazione. È stata poi Anne Hathaway a fare furore arrivando in uno chemisier a corsetto bianco a un evento di Bulgari a Roma l'estate scorsa: 159 dollari, è andato esaurito sul sito di Gap nell'arco di poche ore. (ANSA).
   

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