Matt Damon o della serie "ho vinto un Oscar, ho avuto 4 nomination, decine di premi, ho girato con Scorsese, Soderbergh, Spielberg, Gus Van Sant, Clooney e chi più ne ha più ne metta, ma resto umile". E non è falsa modestia e non c'è un velo di ironia.
Quando vincemmo l'Oscar finimmo sulla copertina di Variety e con il giornale in mano andammo in giro per avere in affitto una casa più grande indicando 'siamo noi questi qua', arrivarono soldi, fama, casa grande e nuovi progetti". Arrivarono Salvate il soldato Ryan, Il talento di Mr. Ripley, Ocean's Eleven (giusto tre titolini...). I soldi a quanto pare sono un tema ricorrente della carriera di Matt Damon per lo meno in quanto ad aneddoti: se le vicende di lui e Ben giovani belli talentuosi e squattrinati per Hollywood sono un classico, più inedito è il caso Avatar. "Stavo partecipando alla post produzione del nuovo capitolo di The Bourne (Ultimatum, il ritorno dello sciacallo), volevo seguire bene tutto quando mi chiamò James Cameron che stava montando Avatar, 'vuoi far parte del film? Ti potrei dare il 10% degli incassi'. Dissi no - tutta la sala di Cannes esplode a ridere - ora ditemi: voi conoscete un altro attore che ha mai potuto rifiutare così tanti soldi? Spero mi chiami ancora!" (è ancora il più grande incasso di tutti i tempi, 2,8 miliardi di dollari ad oggi, ndr).
In Stillwater portato al festival di Cannes fuori concorso interpreta un uomo dell'Oklahoma, uno che voterebbe Trump se non avesse una condanna penale ad impedirglielo: tutti i suoi sforzi sono per riconquistare la fiducia della figlia e riportarla a casa, detenuta come è a Marsiglia accusata di aver ucciso una compagna di Università. "Ho messo sullo schermo i peggiori incubi che ho ossia di essere un padre inadeguato". Ieri sera al termine della proiezione tra i 5 minuti di applausi ha trattenuto a stento le lacrime. "Mi sono emozionato, è stato anche lo choc della sala, non ci siamo più abituati ma anche perchè dopo tanti anni in queste occasioni pubbliche mi sembra di vivere la vita di un altro, così sotto i riflettori", racconta. E la popolarità, i fan che ti inseguono ovunque, sono qualcosa che lo mette anche a disagio: "quando per Ocean's Eleven eravamo a Monaco, io Brad (Pitt), George (Clooney) ci furono momenti di pura follia, Brad era assaltato non poteva fare nulla. E' davvero difficile mantenere la bussola, fare una vita così priva di privacy è impossibile, io sono molto fortunato in questo". Fortunato anche nel aver mantenuto i legami dei primi anni, "una famiglia cinematografica" l'ha chiamata dove oltre a Ben Affleck ci sono appunto DiCaprio, Clooney, Pitt. Le sue interpretazioni sono versatili, Matt Damon si mimetizza: "ci sono trasformazioni fisiche fondamentali , ogni volta studiate, approfondite e poi però c'è l'intimo, il dover pescare tra le tue emozioni ed essere capace di comunicarle riuscendo ad essere più reale e autentico possibile.
L'essere diventato padre mi ha permesso di migliorare ancora, riuscendo a toccare le corde della fragilità". Matt Damon è anche produttore, è stato tra i primi ad applicare la clausola dell'inclusione, "è importante riuscire a spezzare gli automatismi, se cerchi un dottore non devi prendere un bianco in automatico. Il cinema deve rispettare la diversità e la complessità di quello che viviamo e se possibile diventare strumento di cambiamento". E la regia? "Tutti mi spingono a farlo, io ci sono andato vicino, come nel 2016 per Manchester by the sea che ho prodotto, era il film di Kenneth Lonergan ed è stato giusto così" (per inciso il film vinse due Oscar). (ANSA).
Cannes: Matt Damon, non mi sento arrivato ma amo il cinema
Attore di Stillwater, rifiutai Avatar e il 10% degli incassi'