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Paolo Cognetti racconta il disagio, "è tempo di alzare il velo della colpa che nasconde il dolore"

Lo scrittore racconta dei suoi due Tso in un 'regime carcerario'

Redazione Ansa

"Depressione e disagio psichico sono un fiume carsico in piena, negato e ignorato per accreditare l'idillio di una società felice. Siamo obbligati ad apparire sani, forti e colmi di gioia. Io però sono uno scrittore: per me è tempo di alzare il velo della colpa che nasconde il dolore. Voglio dire semplicemente la verità, a costo di essere sfrontato".  Così Paolo Cognetti, lo scrittore vincitore del Premio Strega nel 2017 con Le Otto Montagne ha raccontato a Repubblica il suo periodo di disagio mentale.  Ha raccontato di soffrire di sindrome bipolare e di aver già avuto una crisi maniacale a inizio anno, finita  con un Tso. A chi soffre ciò che ha passato lui, dimesso appena pochi giorni fa, l'autore di 'La felicità del lupo' e 'Giù nella valle' - che ha anche appena debuttato come regista con 'Fiore mio', un documentario sul Monte Rosa, dove ha una baita e trascorre diversi mesi ogni anno - dice che bisogna "avere fiducia che la depressione passi, sarà per i farmaci, sarà per il tempo, e quindi bisogna avere fiducia nel tempo e nella vita. "Ho in programma alcuni viaggi, avrò delle visite periodiche, ma vorrei che la mia vita - conclude - non cambiasse più di tanto". 
 Al Tgr Lombardia ha raccontato quanto vissuto  durante un Trattamento Sanitario Obbligatorio (Tso). 
 "Mi sono trovato a un certo punto legato al letto mani e piedi, con una siringa in una gamba, è una cosa che non dimenticherò mai" dice Cognetti irriconoscibile, senza barba e con i capelli tinti di rosss.    "Avevo voglia di cambiare faccia, non tagliavo la barba da quando avevo 16 anni e questo è il rosso che avevo da bambino.
    Forse era un desiderio di rinascita dopo quello che ho vissuto", racconta Cognetti, che è stato ricoverato per due settimane nel reparto di psichiatria dell'ospedale Fatebenefratelli, nella sua Milano. "Mi hanno detto che avevo una crisi maniacale e mi hanno dichiarato il Tso, che significa - spiega Cognetti - non poter uscire né rifiutare i farmaci e vivere in un regime che non esiterei a definire carcerario. Tanti altri vengono trattati così, ma se lo raccontano non c'è nessuno che li ascolta" aggiunge lo scrittore, spiegando perché ha scelto di condividere la sua esperienza.
   

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