Teen dating violence, letteralmente “violenza da appuntamento tra adolescenti”. Anche nelle giovani coppie possono verificarsi situazioni di violenza, come testimoniano tanti casi di cronaca nera, come l'ultima tristissima vicenda della sedicenne salentina Noemi Durini uccisa dal fidanzato coetaneo.
Molte volte i segnali della violenza non sono facili da individuare e comprendere per le stesse ragazze che ne sono vittime, coinvolte da quello che dovrebbe essere il “primo amore”. Ma non lo è.
Negli Stati Uniti, già nel 1999, secondo una ricerca di Wekerle & Wolfe questo fenomeno colpiva tra il 10 e il 25% degli adolescenti. E l’Italia non è da meno: uno dei pochi studi condotti nel nostro Paese sul tema su un campione di oltre 700 studenti delle scuole secondarie di secondo grado, ha evidenziato come più di una ragazza su dieci abbia vissuto esperienze di violenza nella coppia prima dei 18 anni. Il 16% delle intervistate (e l’8% dei maschi) ha subito gravi e ripetute violenze psicologiche o persistenti comportamenti di dominazione e controllo; il 14% delle ragazze (e l’8% dei ragazzi) ha subito violenze o molestie sessuali; più di un adolescente su 10 (senza differenze di sesso) ha subito violenze fisiche in coppia. Inoltre, le nuove generazioni sono sempre più esposte al cyber-bullismo.
Secondo un’altra ricerca europea (EU Kids online, 2010), basata su un campione di più di 25.000 ragazzi e ragazze di 9-16 anni e altrettanti genitori, emerge che il 93% dei giovani va online, il 41% si è imbattuto in contenuti “disturbanti” e l’8% ha incontrato dal vivo una persona conosciuta sul web. In particolare, in Italia, il 50% dei genitori ignora che i figli abbiano visto immagini a sfondo sessuale online e l’80% non è a conoscenza che i figli abbiano subito minacce online. «Quando si pensa alla violenza di genere, si è soliti immaginare coppie adulte, sposate o che convivono; in realtà esperienze simili si possono verificare anche tra giovani e giovanissimi che stanno scoprendo le relazioni di coppia spesso per la prima volta», dichiara Lucia Beltramini, psicologa esperta in violenza su donne e minori che partecipa come relatrice al Convegno Erickson “Affrontare la violenza sulle donne – Prevenzione, riconoscimento e percorsi d’uscita” in programma a Rimini il 13 e 14 ottobre.
«Pensare alle prime esperienze d’amore in adolescenza evoca immagini di felicità e spensieratezza oltre che il mettersi in gioco nel rapporto con un’altra persona. Può però accadere che, proprio in questa fase della vita, i giovani si trovino a vivere esperienze molto diverse da quelle immaginate, spesso senza rendersi conto di quanto stia succedendo loro e senza sapere come e a chi rivolgersi per chiedere aiuto».
Ma come spiegare ai ragazzi la violenza? Come aiutarli a riconoscerla? A configurarsi come particolarmente problematico è il fatto che non sempre tali atti vengano riconosciuti come violenza: comportamenti di dominazione e controllo possono essere scambiati per segni di interessamento e amore “Non vuole che parli con altri perché sono sua, ci tiene a me”. La violenza fisica può essere minimizzata “Mi ha colpita solo perché era nervoso”. Le pressioni sessuali possono non essere riconosciute come tali “Se non gli dico di sì, mi lascia”.
Anche per la presenza di questi meccanismi di negazione, ragazzi e ragazze sono maggiormente a rischio di fare proprio un modello di relazione di coppia improntato all’esercizio del dominio sull’altro, che potrebbe riprodursi anche nelle future relazioni adulte e per il quale risulta cruciale un intervento precoce.
E se questi atti non sono facilmente riconoscibili, allora è necessario aiutare i ragazzi partendo dalla prevenzione. «Negli ultimi anni le riflessioni e gli interventi sul tema della violenza contro le donne e le ragazze hanno ottenuto maggiore diffusione e visibilità, e la volontà di realizzare interventi preventivi efficaci impegna istituzioni, comunità, operatori e operatrici che vorrebbero promuovere relazioni positive e rispettose tra ragazzi e ragazze. Anche la normativa è arrivata in aiuto» – prosegue Beltramini.
«Tali interventi non possono però prescindere da un’attenta analisi di quello che è il contesto sociale e culturale nel quale ragazzi e adulti si trovano a vivere, un contesto ancora fortemente permeato, anche a livello mediatico, da modelli stereotipati di maschile e femminile e rapporti tra i sessi poco improntati alla parità. Avere la possibilità di proporre percorsi di riflessione e di messa in discussione degli stereotipi sui ruoli di genere può permettere agli adolescenti di favorire lo sviluppo del senso critico e attivare processi metacognitivi importanti». Prevenire affinché l’impatto sulla salute non sia devastante.
Ragazzi e ragazze che hanno vissuto o stanno vivendo una relazione violenta possono presentare, più spesso degli altri, bassa autostima, perdita di interesse per ciò che accade in famiglia, a scuola o negli altri contesti di vita, problemi di memoria e concentrazione, difficoltà scolastiche. Il vero passo importante è quindi superare la paura e la vergogna.
Per quanto riguarda la richiesta d’aiuto, è importante ricordare che gli adolescenti si trovano in una fase di vita particolarmente delicata: non ancora adulti ma non più bambini, potrebbero presentare sufficiente consapevolezza di quanto accaduto per raccontare la loro esperienza. Nonostante questo, raramente chiedono aiuto in maniera diretta: vergogna, senso di colpa, timore di non essere creduti, confusione per i sentimenti provati, autocolpevolizzazione possono indurre al silenzio. Risulta quindi fondamentale prestare loro attenzione, offrire uno spazio di ascolto non giudicante, rispettare i loro tempi e fornire le informazioni corrette sui servizi a disposizione.
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