di Alessandra Magliaro
Quell’icona ‘carrello’ in una ipotetica classifica di immagini top che ci stanno cambiando la vita finirebbe certamente tra le prime 10. La pratica è nota: accendi il computer o apri le app dello smartphone e ti colleghi ad Amazon – non è l’unico ma è solo il simbolo delle nostre nuove dipendenze – e lì comincia il gran tour tra la musica, quel disco che proprio proprio ti mancava o quel cantante nuovo di cui non ti importa ma sei curioso di sentire, le scarpe con quel tacco decorato stiloso visto sui magazine magari una volta le metterai, la coperta tricottata che tanto da sola non farai mai invece e bella è pronta e poi il vino, quell’etichetta di cui hai sentito parlare da amici per un rapporto qualità prezzo da non perdere (per non parlare dei gadget da intenditore come il termometro laser per la temperatura del vino), quella salsa al tartufo prelibata ad un offerta che non teme confronti, quel libro novità già recensito in America e finalmente ora tradotto e pubblicato in Italia.. e giù a riempire il carrello, magari con l’opzione salva coscienza di alert per quando il prezzo scenderà. Metti in cascina tanto prima o poi in quel basket ci finirà. E magari quando arriva a casa neanche ti ricordi più cos'era.
Una piccola storia esemplare della nuova dipendenza, chiamiamola amazonite (che Bezos dall’alto dei suoi miliardi ci comprenda). Non grave quanto il tabagismo o il gioco on line, sia chiaro. Sono lussi innocenti di chi, giovane o neogiovane, è diventato smart e poco importa se tutte queste cose, specie se vivi in una grande città, sono assolutamente alla portata e il gran tour potresti farlo a piedi, che poi camminare fa sempre molto bene. Lì dentro c’è un circo delle meraviglie, con le slide pubblicitarie che scorrono e tu gli corri dietro per acchiappare l’oggetto, non sia mai un altro te le soffi. Il servizio Prime Now poi può essere irresistibile perché come un bambino aspetti che non sia la notte di Natale a riempirti di doni ma proprio quello stretto necessario che passa tra il click e la consegna.
L’amazonite impigrisce perché il giorno dopo, bello cartonato, arriva l’acquisto alla porta di casa. Il delivery – la consegna – è un trend mondiale e noi, senza troppo ragionare sulle conseguenze etiche, ci siamo dentro. Quanto pagheranno i deliver? Quanto cartone si usa e quanto si ricicla davvero? Cosa mi serve davvero davvero, quanto alimentiamo l’iperconsumismo mentre per salvarci dovremmo, e neanche basterebbe, riciclare tutto il riciclabile che già possediamo, restano domande che non vogliamo farci.
Non solo il delivery del food – era nato negli anni ’80 con i paninari e le prime consegne a casa di pizza margherita, ora manca poco che arrivi dal Giappone lo chef con i suoi coltelloni di ceramica a farti il sushi davanti avendo optato per una cenetta nippo casalinga – ma il cosiddetto delivery anything, la consegna di qualunque cosa, impazza, fase due dell’amazonite: metto nel carrello, compro con la carta di credito, aspetto la consegna. Niente di drammatico, non ci si muore di acquisti abbastanza improbabili (quelle scarpe con il tacco decorato poi le avrai usate o sono finite ad inzeppare quegli armadi che Marie Kondo, quella del tutto a posto con l’inchino di commiato si rifiuta di sistemare perché sa che quel tacco l’hai solo comprato per impulso ma non lo hai mai veramente amato). Poi certo non tutto è collocabile nella variabile categoria dell’inutile, gli acquisti possono essere oltre che gratificanti, mirati e necessari e la consegna a casa una grande comodità. Non c’è da demonizzare la tendenza ma solo raccontarla come fatto nuovo della società.
Le ricerche sul tema sono diverse. Il delivery anything colpirebbe maggiormente le donne che dallo smartphone vanno sullo shop virtuale e da lì acquistano di tutto, dai fiori al cibo, persino alle spedizioni urgenti, con una consegna in mezzora circa. Millennials, nonne, mamme, imprenditrici multitasking alle prese con la scarsità di tempo ma soprattutto ragazze. Tra le più giovani, le app di delivery hanno rapidamente conquistato popolarità e vengono utilizzate principalmente per la consegna di cibo a domicilio, conquistate dalle opzioni si scelta, un giorno l’indiano, il giorno dopo l’hamburger e poi il sabato è sushi bar.
Dalle spedizioni urgenti al pranzo consegnato direttamente in ufficio, le app di delivery semplificano la quotidianità riducendo i tempi dedicati agli spostamenti e alle lunghe attese, permettendo di fare acquisti in qualsiasi negozio del centro. E c’è da dire che per i commercianti dei centri storici italiani, spesso in difficoltà, sono una occasione di crescita, nonché uno strumento per rimanere al passo con i tempi. Non parliamo solo di supermercati o ristoranti, ma anche di gelaterie, pasticcerie, negozi sportivi, fioristi, farmacie. Si tratta di nuovi canali distributivi che rispondono alle esigenze di chi non può o non vuole uscire (Glovo – una delle più giovani e già popolari – è una rete che attualmente può contare su più di 1000 partner).
I dati del fenomeno
Secondo un’analisi di Confesercenti , l’e-commerce italiano è in continua crescita: nel 2017 le attività che si occupano di shopping online sono state quasi 18mila, una cifra pari al +8,4% rispetto al 2016. Se il fronte dell’offerta è in rapida evoluzione, quello della domanda influenza e insieme segue il trend, mettendo in atto particolari comportamenti d’acquisto. idealo - il portale internazionale di comparazione prezzi per gli acquisti online - ha realizzato un sondaggio e un approfondimento alla ricerca di novità e cambiamenti, rispetto ad un anno fa e rispetto agli altri e-consumer d’Europa. Tra statistiche e informazioni sul profilo dell’utente medio che naviga, si informa e poi compra online, l’indagine riporta dati sulla frequenza, sull’età e sulla provenienza, ma anche sui prodotti più richiesti e sulle metodologie preferite di pagamento o di consegna.
Il dato sulla frequenza di acquisto online fornisce una prima stima dell’entità del fenomeno e delle sue trasformazioni rispetto allo scorso anno. Alla guida del mercato digitale italiano restano i consumatori abituali, ovvero quelli che comprano almeno una volta al mese, ma in numero maggiore (al 56% , in crescita del 4,6% rispetto al 2016); seguono gli intensivi, in azione una o più volte alla settimana (al 22% ) allo stesso livello degli sporadici, che acquistano una volta ogni trimestre o meno (al 22% ). Sulla base di questi numeri, la percentuale di chi effettua in media almeno un acquisto al mese è pari al 78%. Questa segmentazione mostra che un e-consumer italiano su due acquista una volta al mese se non di più.
Interessanti anche i dati su genere e provenienza, soprattutto se messi a confronto con quelli di altri paesi europei : in Italia gli uomini che acquistano online sono sempre in maggioranza rispetto alle donne (il 61,3% contro il 38,7%). Confrontando il nostro dato con quello di altri paesi, l’Italia risulta la nazione con la minor partecipazione al femminile nello shopping online . Il paese dove c’è più parità di genere rispetto al fenomeno e dove le donne sono più attive è invece la Spagna (uomini al 53,8% e donne al 46,2%). Nella distribuzione geografica, la situazione rimane invariata rispetto allo scorso anno e mostra sempre una correlazione tra frequenza di acquisto e grandezza delle città. Più grande è il centro urbano, maggiore è la concentrazione di consumatori digitali intensivi: è quanto accade in città come Milano o Roma. Nei centri più piccoli (con meno di 10 mila abitanti) sono in maggioranza gli acquirenti sporadici.
Osservando le fasce di età, si delinea il profilo di un consumatore digitale maschio, tendenzialmente tra i 35 e i 44 anni (per il 26,9%); la fascia di età che va dai 45 ai 54 anni copre il 21,3%. Cresce l’interesse da parte dei giovani dai 25 ai 34 anni (ora al 20,5%). Le fasce più estreme del campione (dai 18 ai 24 anni e dai 55 anni in su) sono quelle meno coinvolte, probabilmente per minori possibilità economiche o per minore attitudine all’uso di mezzi digitali. Solo in paesi come Austria, Germania e Francia si riscontrano percentuali più significative per il coinvolgimento dei giovani dai 25 ai 34 anni nel mercato digitale (rispettivamente al 26,1%, al 25,3% e al 24,7%).
La principale motivazione che spinge un consumatore a preferire l’acquisto online è legata alla possibilità di trovare prezzi più vantaggiosi grazie al web. Questa spinta vale sia per gli italiani, sia per gli abitanti degli altri paesi presi in esame. La ricerca di prezzi più convenienti è il motivo principale per ben il 75% degli intervistati (in crescita rispetto al 63% dello scorso anno); tra le altre motivazioni, quelle più gettonate sono la possibilità di confrontare facilmente i prodotti tra loro (al 41%) e di leggere il parere di altri utenti grazie a commenti e recensioni (40%).
Tra i mezzi preferiti per confrontare i prezzi resta forte la presenza dei marketplace (dall’indagine Amazon è al 56% mentre altri siti di e-commerce al 46%), ma colpisce la crescita dell’uso delle piattaforme di comparazione prezzi. Il 50% degli intervistati dichiara di utilizzare un comparatore online, un dato in aumento del 6% rispetto al 2016, a dimostrazione di un’evoluzione comportamentale e di una preferenza orientata verso canali che sono considerati più neutrali e trasparenti.
Sappiamo che un consumatore su quattro in Italia utilizza dispositivi mobili per l’e-commerce. C’è però una differenza tra finalizzazione dell’acquisto e ricerca pura. Il dispositivo privilegiato per concludere un acquisto digitale resta ancora il PC (al 91%), ma un buon 29% finalizza direttamente dal proprio smartphone o dal proprio tablet (22%). Parlando di device preferiti quando si tratta di navigare e informarsi, invece, i dati mostrano una segmentazione che va verso la navigazione “in mobilità”: se il 46,2% preferisce l’uso del PC, il 43,8% si informa tramite smartphone e il 10% tramite tablet. Nel confronto con le altre nazioni, l’Italia guadagna un primato: è il paese dove il mobile è lo strumento preferito per l’e-commerce. Nelle altre nazioni c’è ancora una maggioranza netta per uso del PC anche dal punto di vista informativo, in Francia (al 55%) e in Germania (54,7%), ad esempio.
Gli articoli per i quali i consumatori digitali italiani spendono con maggiore frequenza sono quelli del settore cultura e intrattenimento (al 65%), dell’abbigliamento (al 64%) e del comparto elettronica (sempre al 65%) .
Rispetto all’indagine fatta lo scorso anno, i settori che richiamano maggior attenzione oggi sono quelli relativi a sport, casa e giardino, valigie e cura degli animali. Sono in ogni caso la tecnologia (con il 66%) e l’abbigliamento (con il 48%) quelli per i quali si usa di più la comparazione prezzi online: partendo da costi a volte alti, i consumatori si informano di più potendo spesso contare, online, su possibilità di risparmio più consistenti.
Anche le scelte del metodo di pagamento e di consegna rivelano particolari abitudini e tendenze: non sono ancora molti i consumatori che pagano online con carta di credito (usata dal 22% degli intervistati, un dato comunque in aumento rispetto al 20% dello scorso anno). Diminuisce la preferenza accordata a PayPal (al 54%, invece del 60% del 2016); seguono le carte prepagate Postepay (al 16%, +2% rispetto all’anno precedente) e i pagamenti in contrassegno e tramite bonifico, in percentuali minori. Bartolini resta il corriere preferito per le consegne nel nostro paese (stabile al 38%); le quote di mercato degli altri operatori si distribuiscono tra le italiane SDA (al 12%) e Poste Italiane (all’8%), l’americana Fedex-TNT (al 6%) e le tedesche DHL (al 19%) e GLS (al 13%).
Prezzi e disponibilità di informazioni sui prodotti sono comunque gli elementi che determinano l’orientamento dei consumatori digitali verso il mondo degli acquisti digitali. Dal sondaggio emerge che per il 94% degli intervistati è importante leggere test e guide all’acquisto online, il 90% consulta spesso recensioni e opinioni di altri utenti, e addirittura il 74% è disposto ad acquistare da uno shop meno conosciuto se propone prodotti a prezzi più convenienti. Secondo idealo, è proprio questa ricerca di risparmio che ha portato ai numeri eccellenti registrati dal Black Friday e dal Cyber Monday del 2017. Dopo l’ultimo “venerdì nero”, il portale ha osservato un’impennata delle intenzioni di acquisto pari al +99,1% rispetto allo scorso anno. Valutando che l’attenzione al fenomeno nel 2016 era stata del +99,7% rispetto al 2015, si nota come l’interesse verso gli acquisti in rete in queste giornate raddoppi di anno in anno e come la molla principale per l’acquisto online sia proprio legata al risparmio.