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Hikikomori, giovani in ritiro sociale. La rete dei genitori per aiutarli

Gruppi di mutuo-aiuto, esperienze, sfide, 10 consigli

Redazione Ansa

Figli isolati, ragazzi che ad un certo punto decidono di chiudere con il mondo esterno e di rinchiudersi dentro le loro camerette, di vivere lì la loro vita senza più andare a scuola, vedere gli amici, fare sport, senza uscire, mantenendo un contatto con il mondo solo attraverso la rete. Sono i ritirati sociali, quelli che si sentono al sicuro, protetti dal mondo, solo  dentro quattro mura. Per loro e per le loro famiglie è una vita di pena, di sofferenza: i genitori nel corridoio, i ragazzi dietro una porta chiusa. Un tunnel con vari stadi, che può durare anni e dal quale uscire piano piano.

Sono i ragazzi Hikikomori dalla parola giapponese che vuol dire letteralmente 'stare in disparte'All’inizio accusano mal di pancia o mal di testa che impedisce loro di andare fuori con gli amici, di fare sport e, infine, anche di andare a scuola. E’ un processo lento, progressivo, che trova impreparati i genitori. Difficile capire che cosa stia succedendo davvero, dentro di loro. Difficile intervenire, perché forzarli porta all’effetto contrario. 
Non ci sono dati certi della diffusione del fenomeno in Italia. Si suppone che questi ragazzi siano circa 100 mila, tra i 13 e i 20 anni. Con un picco intorno ai 15 e 17. Più maschi che femmine, per ora., ma sembra che il numero delle donne sia sottostimato. Il problema è che continuano ad aumentare. Il fenomeno, scoppiato in Giappone, è relativamente recente e poco noto. Ma si sta diffondendo rapidamente in tutta Europa.

In Italia esiste da qualche tempo una rete di genitori che si aiutano a vicenda, con consigli, racconto di esperienze, che cercano di farsi forza gli uni con gli altri. Un mutuo-aiuto nello spazio di dialogo su Facebook in una pagina a gruppo chiuso, riservato esclusivamente ai genitori di ragazzi con problemi di isolamento sociale e difficoltà relazionali. Uno spazio protetto (alla curiosità di estranei a questo problema, a psicologi, ricercatori, giornalisti, curiosi) dove poter raccontare la propria esperienza, scambiarsi opinioni o sostenersi a vicenda. L'Associazione "Hikikomori Italia Genitori", è nata nel giugno 2017,  come estensione del gruppo Facebook, con obiettivo di sensibilizzare le istituzioni per ottenere maggiori diritti e servizi.

Difficile capire perché ragazzi sani, spesso con un livello intellettivo molto alto e ottimi risultati scolastici e soprattutto una profonda sensibilità, si autorecludano. Senso di inadeguatezza, bassa autostima, panico.  “Gli Hikikomori si isolano per fuggire dalla pressione di realizzazione sociale, dalla paura di essere giudicati per le loro debolezze” spiega Marco Crepaldi, presidente e fondatore di Hikikomori Italia, “Non si identificano in questo modello di società ipercompetitivo e basato sul successo personale, sull’immagine e decidono di smettere di farne parte”.
Questi ragazzi risultano invisibili. Loro stessi fanno di tutto per esserlo rispetto al mondo esterno. Per questo, nonostante siano tantissimi e ogni scuola abbia dei banchi che improvvisamente diventano vuoti, se ne sa pochissimo.

La scuola ha un ruolo fondamentale. Il malessere si manifesta spesso nel passaggio dalle medie alle superiori. E’ il momento in cui ancora professori e compagni possono avere una funzione preziosa, in accordo e collaborazione con la famiglia, che altrimenti si sente persa, abbandonata, incapace di affrontare il dolore, la situazione che mina nel profondo la vita famigliare, la vergogna per un malessere di cui ci si sente responsabili.
“I professori devono rendersi conto che nelle loro classi a volte possono esserci ragazzi che hanno paura del loro giudizio, delle loro intenzioni. Ragazzi per cui la scuola, luogo per eccellenza in cui gli adolescenti incontrano l’altro, può diventare un inferno” spiega Ignazio Ardizzone, neuropsichiatra infantile del Policlinico Umberto I di Roma. “Come raggiungere questi ragazzi che sono lontani metaforicamente e concretamente? Scuola, terapeuti, genitori devono lavorare insieme e porsi il problema di come riattivare il fascino della relazione con l’altro e combattere la dimensione del non umano, dove tutto è arido e prevedibile, dimensione in cui si rinchiudono per evitare la sofferenza”, aggiunge Ardizzone. Quasi sempre il ritiro si abbina a un uso quasi ossessivo della rete, che diventa l’unico luogo per loro frequentabile. Si rifugiano lì, in un mondo virtuale, senza rischi. E’ una risorsa il web, senza dubbio, perché evita l’isolamento assoluto, ma è anche un rifugio in un mondo irreale che li intrappola. E’ come se questi ragazzi si fossero scottati mettendo la mano su una piastra bollente (il fuori). Difficile convincerli a rimettere la mano su quella stessa piastra. Pur rassicurandoli, dicedogli che è spenta, è improbabile che lo facciano di nuovo subito. Ci vuole tempo. Devono sentirsi sicuri di non essere in pericolo.

La sfida è riportarli fuori pian piano, alle relazioni umane, studiando percorsi protetti che vedano la collaborazione delle strutture sanitarie, degli istituti scolastici e delle famiglie.

Dall'esperienza concreta dell'Associazione dei genitori, ecco 10 consigli utili per cominciare ad affrontare il problema

Sgridarli e punirli non serve, costringerli a fare qualcosa nemmeno
E’ importante riconoscere il loro problema e parlarne
Negare l’uso di Internet serve solo a isolarli ancor più
Sdrammatizzare le situazioni e non rispondere alle loro provocazioni
Spezzare la routine, inventare diversivi per farli uscire dalla stanza
Attivare situazioni di socializzazione protette
Convincerli a fare psicoterapia
Informare la scuola del disagio dei ragazzi e aprire un dialogo con i docenti
Tenere i nervi saldi: perdere la pazienza è controproducente
Confrontarsi con altri genitori. Fare rete, come accade nel Gruppo HKM, fa sentire meno soli e aiuta ad affrontare la situazione

Il 10 maggio l’Associazione Hikikomori Italia genitori onlus ha organizzato nell’aula magna del Liceo Azzarita, l’Istituto superiore Tommaso Salvini di Roma, plesso scolastico più grande del Lazio con 2300 alunni, un seminario dal titolo “Il ritiro sociale degli adolescenti e la scuola come risorsa”. “il problema non è la formazione didattica in sé, che si può raggiungere anche attraverso percorsi domiciliari. Il vero obiettivo è riuscire a farli uscire di casa e riavvicinarli alla scuola, lavorando sull’accoglienza, su attività pomeridiane, sul dopo scuola e puntando sulla sensibilità di professori e compagni”, ha spiegato il Dirigente scolastico del Liceo Azzarita, Roberto Gueli. il 25 maggio all'Università Pontificia Salesiana a Roma, un seminario con il patrocinio della Caritas, ospita tra gli interventi il prof. Federico Tonioni che si occupa di adolescenti difficili e dipendenze patologiche.

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