Gli italiani sono preoccupati per la propria privacy on line ma fanno poco per proteggerla e sono disponibili a barattare informazioni ‘con del denaro’. A fotografare l'atteggiamento degli italiani nei confronti dei dati personali, della loro protezione e del loro valore è una ricerca targata PHD Italia che arriva alla vigilia dell’applicazione in tutti i Paesi Ue del nuovo regolamento europeo GDPR (General Data Protection Regulation). Sei italiani su dieci (62%), sono preoccupati per la privacy online, il 70% se parliamo di minori e quasi sette su dieci (67%) dichiarano che, rispetto al passato, l’ansia è sensibilmente aumentata, secondo la ricerca su panel Omg & Doxa, con 2000 interviste a marzo e ad aprile 2018. Pensiero che, nel periodo immediatamente successivo allo scandalo Cambridge Analytica, per il 57% del campione riguarda anche un utilizzo improprio dei dati personali “per manipolare la democrazia”.
La gestione e lo scambio dei dati personali in rete, le frodi informatiche e phishing (76%) e l’utilizzo improprio dell’immagine dei minori (75%), sono gli ambiti che più preoccupano. Seguono, il furto d’identità e la scarsa trasparenza sull’utilizzo dei dati personali. Il ritratto che emerge dalla ricerca non è privo di contraddizioni: preoccupati per la propria privacy online, ma non così attenti a proteggerla, consapevoli del valore commerciale dei dati personali, ma poco informati sul loro effettivo utilizzo. Desiderosi, comunque, di avere un maggiore controllo sulle informazioni fornite, perché poco convinti della trasparenza delle aziende e disponibili a valutare quali e quante informazioni fornire in cambio, soprattutto, di un vantaggio economico.
La ricerca dell'agenzia media, divide gli italiani in quattro profili principali: Protagonisti (19%), Antagonisti (27%), Comparse (28%) e Spettatori (26%). I Protagonisti hanno maturato un alto livello di consapevolezza sul tema, sono coinvolti in prima persona nella gestione dei propri dati personali, sono attenti e informati sulle strategie e gli strumenti per tutela della privacy; gli Antagonisti sono molto preoccupati ma incapaci di prendere in mano la situazione e sentono di non poter avere nessun controllo; le Comparse sono ottimiste e si lasciano sostanzialmente trascinare dal progresso senza particolari attenzioni o strategie; gli Spettatori pensano che il tema della protezione dei dati non sia un loro problema.
Ma un elemento sembra accomunare tutti: conoscenza e consapevolezza sul tema non si traducono nell’adozione di comportamenti utili a contenere i rischi. Se il 62% del campione si dice “preoccupato”, infatti, solo il 50% si definisce “attento” alla protezione della propria privacy online. Il 39% del campione confessa che condividere informazioni personali in rete lo spaventa, ma una percentuale analoga (38%), quando valuta il consenso al trattamento dei dati personali, dichiara di cliccare su ‘consenti’ leggendo velocemente o non leggendo affatto (e la percentuale nei più giovani, tra i 18 e i 24 anni, sale al 43%). Preoccupazioni a parte, sette italiani su dieci (71%) si dichiarano consapevoli del valore commerciale dei propri dati personali, il 47% concorda nella definizione di “moneta di scambio per contenuti gratuiti sul web” e indica nel risparmio la motivazione numero uno.
Ma cosa sono disposti a rivelare gli italiani per risparmiare? La partita si gioca tra le abitudini alimentari, che sono quelle maggiormente indicate dal campione (50%), quelle relative agli acquisti (48%), al tempo libero (48%) e ai consumi culturali (46%). Solo il 17% degli italiani, invece, è disposto a rivelare le proprie abitudini finanziarie, fanalino di coda insieme a quelle sessuali (10%). Il 62% degli intervistati si dice comunque favorevole a cedere informazioni sulle sue abitudini a fronte di una ricompensa in denaro e quando si tratta di dare un ‘prezzo’ a queste informazioni a vincere nella quotazione è l’intimità: se uno su cinque accetterebbe, infatti, di essere monitorato negli spostamenti per 50 euro al mese, per le abitudini sessuali ne chiederebbe il doppio; più di cento euro, per uno su tre.
La trasparenza delle società sarà sempre di più un valore differenziante per i brand. Il 31% degli italiani prevede che le scelte di acquisto potrebbero essere influenzate dal livello di trasparenza sul trattamento dei dati offerto dalle aziende.
Una ricerca Samsung conferma la disattenzione degli italiani anche nel tutelare i propri dati contenuti nello smartphone. Solo il 10% considera, infatti, l'eventualità che questi dati corrano rischi a causa di attacchi di virus, un tesoro che l'88% considera al sicuro e non minacciato da nessun rischio.
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