La violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani; una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza che provocano sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica, comprese le minacce: sono stralci degli articoli della Convenzione di Istanbul che vale la pena ricordare e avere in mente.
Tra il 2000 e il 2018 in Italia si sono verificati 3.100 casi di femminicidio, in media 3+ a settimana, con il 72% delle vittime uccise da un parente, da un partner o da un ex partner. Il 25% per liti o dissapori, il 22,2% per disturbi psichici, il 12% per disabilità della vittima, il 30,6% per possesso/motivi passionali (fonte Eures 2018)
È una cruda realtà non più tollerabile che va affrontata con serietà e determinazione. Spesso al tema della violenza contro le donne viene associato un altro fenomeno, ovvero la «crisi del maschile», secondo cui l’uomo è oggi intimorito e minacciato dai cambiamenti sociali e culturali, privato del proprio ruolo e della propria autorità, e che tutto questo abbia un impatto significativo nell’agire la violenza.
In che modo questi aspetti si legano tra di loro? In che senso la violenza è frutto di un certo tipo di «cultura virile» diffusa? Come può l’uomo costruire una propria identità di genere oltre lo stereotipo del maschile? E' una delle domande culturali fondamentali di questo tempo.
Nel convegno Internazionale “Affrontare la violenza sulle donne”, organizzato da Erickson a Trento il 18 e 19 ottobre, sono state condivise esperienze per affrontare concretamente un problema sociale e culturale ancora radicato nel nostro Paese. Psicologi, psicoterapeuti, criminologi, avvocati, formatori, ricercatori, hanno portato al convegno le loro visioni e saperi diversi per spunti e riflessioni. Fra questi segnaliamo Susan Brison, Paola Di Nicola Travaglini, Christina Olsen, Stefano Ciccone, Linda Laura Sabbadini, Sandro Raimondi, Claudia Pecorella, Silvia Brena, Elena Tebano, Monica Lanfranco (autrice di un interessante libro 'Crescere uomini' con interviste a più di 1000 studenti tra i 16 e i 19 anni, ritratto di giovani uomini che, in assenza di indicazioni da parte di un mondo adulto con cui il patto educativo è visibilmente rotto, raccontano di Internet e della pornografia on line come della principale fonte di insegnamento e iniziazione alla sessualità e di una maschilità vissuta in una pericolosa confusione tra virilità e violenza).
Fra i temi affrontati, anche la violenza contro le donne disabili, che rischia di rimanere troppo spesso invisibile. I dati provenienti dalla ricerca dell’associazione Differenza Donna, rivelano che le donne con disabilità vittime di violenza dalla metà del 2014 ad oggi sono 98 e hanno un’età media di 36 anni, in un range dai 18 ai 67 anni. Il 97% di quelle accolte e/o ospitate presso Centri Antiviolenza e Case rifugio sono italiane. Il 27% ha subito maltrattamenti in famiglia, dal marito, compagno, fidanzato, genitori, mentre il 73% ha subito violenza sessuale da familiari, conoscenti e sconosciuti. Alcune donne hanno subito molteplici forme di violenza, tra queste 3 donne hanno subito matrimonio forzato e 7 sono state indotte alla prostituzione coatta. Tra le donne con disabilità seguite, il 65% presenta una disabilità cognitiva/intellettiva, il 25% una disabilità fisica, l’8% una disabilità fisica e intellettiva e il 7% una disabilità psichiatrica.
Fornire strumenti e indicazioni utili a riconoscere la violenza, proponendo azioni di prevenzione, sensibilizzazione e intervento volti a promuovere una maggior consapevolezza della violenza nella donna e nei professionisti che si occupano di disabilità è l'obiettivo.