Un metro e 82: quando sarà finito tutto questo rimarranno le tre cifre della distanza a ricordarci in sintesi come andava la vita in Italia al tempo del coronavirus. Le strette di mano sono vietate, gli abbracci anche, che pure è provato scientificamente in tempi normali fanno benissimo, e nei luoghi pubblici c'è da rispettare quella certa lontananza.
L'emergenza coronavirus impone cambiamenti di abitudini, riscoperta di passatempi dimenticati, socialità ristretta ma soprattutto condizionata. A casa i figli, quando non sono su Instagram o su Fortnite, pasticciano con la cucina improvvisandosi chef (è accaduto così anche in Cina), aiutati dai soliti tutorial: il cibo che è centrale nella nostra vita diventa un modo per passare la giornata a lezioni sospese. Si prevedono impennate di lasagne e polpette fatte in casa e forse esperimenti di complicati uramaki roll visto che l'all you can eat nei ristoranti asiatici non è al momento raccomandabile.
Lo schermo tv o web, il famoso focolare domestico, domina: dalla tv generalista alle piattaforme a pagamento è tutto uno streaming di film e serie amate (nella crisi generale il più fortunato è Disney+, il 24 marzo è il lancio mondiale). Gli anziani (la carta d'identità non fa sconti, nella categoria ci sono gli over 65 e pazienza se si sentono ragazzini) anche non affetti da patologie devono riguardarsi e uscire il meno possibile. Ma se il tema distanza di sicurezza interessa i luoghi chiusi - dal cinema alle palestre - trascorrere più tempo all'aria aperta è consigliabile (tra l'altro c'è meno inquinamento, effetto collaterale positivo, uno dei pochi): le passeggiate nei parchi cittadini diventano di gran moda. Una vita diversa ci costringe a cambiare, trascorrere probabilmente più tempo con i figli, tirar giù dall'armadio Monopoly e Trivial, tenere lezioni intergenerazionali di poker perché può sempre essere utile, finalmente leggere i libri che ci eravamo ripromessi. Il difficile sarà far capire ai ragazzi che la scuola sospesa non è vacanza e bisogna studiare e non far diventare questo tempo un periodo di bagordi promiscui. Se i genitori sono nel panico, il mondo del lavoro è sull'orlo del baratro. La vita al tempo del coronavirus è surreale? "Anche la pandemia lo è, bisogna attenersi alle regole e adattarsi. L'uomo ha una storia di adattamento e sinceramente il coronavirus è un problema per il semplice fatto che pretendiamo di non modificare le nostre abitudini, non vogliamo scomodità - dice, anzi tuona all'ANSA, il filosofo Umberto Galimberti - non vogliamo rinunciare al nostro sistema di vita. La sospensione delle nostre abitudini ci rende isterici, ci mette a disagio, ma è un'esagerazione: abbiamo pensato alla sospensione dei diritti umani a pochi passi da noi? Dobbiamo essere realistici, metterci in relazione con il resto del mondo e sinceramente vergognarci".
La vita 'a distanza' al tempo del coronavirus
Il filosofo Galimberti, pensiamo a Lesbo e vergogniamoci