La polizia rompe i ranghi. Nell'America in fiamme dopo l'uccisione dell'afroamericano George Floyd a Minneapolis, si moltiplicano i casi di dirigenti e agenti, bianchi e non, che si schierano dall'altra parte, unendosi ai dimostranti in segno di solidarietà con le loro proteste contro l'iniquità razziale e della giustizia. Marciano insieme, a volte si inginocchiano ripetendo il gesto contro il razzismo del quarterback del football americano Colin Kaepernick, come si è visto nella capitale, a New York, a Miami, a Santa Cruz, a Ferguson. E' la prima volta che accade dai tempi delle violenze per la morte di Martin Luther King nel 1968. Il fenomeno è amplificato dalla potenza di foto e video postati sui social e contrasta con la linea della fermezza predicata da Donald Trump. Il passo più coraggioso l'ha fatto forse Medaria Arradondo, primo capo afroamericano della polizia di Minneapolis, che domenica sera ha reso omaggio a Floyd nel luogo in cui è morto dopo che un suo agente ora in galera gli ha tenuto il ginocchio sul collo per nove minuti in presenza di altre tre colleghi, tutti da lui licenziati immediatamente. "Una violazione di umanità", ha detto circondato dalla folla. Poi, rispondendo in diretta sulla Cnn alla famiglia della vittima che chiede l'arresto anche degli altri tre poliziotti, non ha esitato ad affermare che "il silenzio e l'inazione sono complicità". Commovente anche il gesto di Chris Swanson, lo sceriffo (bianco) di Flint Town, in Michigan. Si è tolto il casco, ha posato il manganello e si è rivolto ai manifestanti così: "L'unico motivo per cui siamo qui è per assicurarci che la vostra voce possa essere ascoltata: tutto qui. Rendiamola una parata, non una protesta". "Non pensate neanche per un secondo che tutti i poliziotti del Paese siano come lui", ha aggiunto riferendosi a Derek Chauvin, l'agente incriminato per la morte di Floyd. I manifestanti gli hanno battuto il cinque, lo hanno acclamato e gli hanno chiesto di marciare con loro. Invito subito raccolto dallo sceriffo. Pure Larry Boone, il capo (afroamericano) della polizia di Norfolk, in Virginia, si è unito ai dimostranti, tenendo un cartello con la scritta 'Black Lives Matter', lo slogan dell'omonimo movimento anti razzista. Un altro episodio diventato virale è accaduto a Camden, una delle città più grandi e violente del New Jersey. Anche qui a fianco dei manifestanti hanno marciato molti agenti e il capo della polizia della contea, Joe Wysocki, in prima fila con uno striscione invocante solidarietà: "Un altro esempio del nostro costante impegno e del vero dialogo con i residenti", ha spiegato. Ma la prima a rompere le righe era stata Erika Schields, seconda donna (bianca) a capo della polizia di Atlanta e la prima apertamente gay. E' scesa in piazza per dialogare faccia a faccia con i dimostranti dopo aver dato l'ordine ai suoi agenti di dare spazio alla protesta, nonostante in precedenza fosse già degenerata in violenze. "Meritano di essere ascoltati", ha detto la sceriffa della città di Martin Luther King. "Se non fossero stati poliziotti - li ha confortati - sarebbero stati arrestati subito. Siete incavolati, avete paura e nulla cambia". Tutti esempi di una capacità di dialogo e di ascolto che secondo molti mancano alla Casa Bianca.
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