Lavoro da casa, home working o meglio ancora remote working (da non confondere con lo smart working, regolarizzato da un accordo tra datore e lavoratore, e che invece è diventato erroneamente termine di uso comune nel lockdown e dopo): da un sondaggio di McKinsey è risultato che l’80% dei lavoratori apprezza (o ha apprezzato) il lavoro da casa e il 41% si è detto più produttivo. Nell’era b.C. ossia pre-Covid l’ufficio era ritenuto un elemento fondamentale per la produttività dei dipendenti, soprattutto da parte dei loro datori. Durante questi ultimi mesi la rapidità e l’efficacia lavorativa a distanza, permesse da tecnologia e vari strumenti, hanno sorpreso tutti e hanno dimostrato che le persone non solo riescono a lavorare anche fuori dai soliti contesti, ma diventano anche più produttive e si responsabilizzano. D’altra parte, però, il lavoro da casa è stato ed è anche molto faticoso. Innanzitutto, perché nella maggior parte dei casi semplicemente è cambiato l’ambiente in cui si svolge il proprio lavoro - e non sempre l’ambiente domestico si è rivelato adatto o adeguato: perché gli orari di lavoro si sono dilatati e perché coordinarsi a distanza per così tanto tempo ha generato molto stress. Inoltre, l’home working non è per tutti: “Ci sono settori che lavorano molto bene da casa, ad esempio tutto l’IT e le figure dedicate alla programmazione – afferma Christian Miccoli, CEO della fintech Conio con sede in Copernico Blend Tower. – Ci sono invece altri tipo di professioni all’interno di un’azienda come la nostra, ad esempio le figure creative e il marketing, che hanno bisogno del confronto, di un ambiente che favorisca lo scambio di opinioni e di un modo di lavorare non troppo pianificato, che permetta anche l’incontro casuale.”
Ripensare agli ambienti di lavoro
La fatica rilevata dalle persone che hanno lavorato a casa è anche di tipo emozionale. Se è vero che la maggior parte dei lavori d’ufficio possono essere svolti anche fuori da un ufficio tradizionale, le interazioni permesse dall’ambiente di lavoro non sono invece riproducibili all’esterno. E ora che rientriamo in ufficio è importante gestire attentamente la fase transitoria, che porterà a una nuova normalità. Perché anche se la situazione, a livello sanitario, è ancora delicata, abbiamo tutti bisogno di riappropriarci dei nostri spazi e delle nostre abitudini, ma dovremo farlo gradualmente, garantendo la massima sicurezza. Ciò significa in particolare che dovremo:
ripensare ai metodi di lavoro;
riclassificare i ruoli dei dipendenti;
riprogettare i posti di lavoro.
Bisogna tornare alla normalità senza paura, con attenzione, ma non si può rinunciare alla socialità. Occorrerà accordare i bisogni aziendali con le esigenze delle persone. La cosa più importante, è che le persone si sentano al sicuro una volta rientrate in ufficio. Prima di riaprire, nei mesi di lockdown, "abbiamo interrogato le persone, per capire preoccupazioni, richieste ed esigenze, e quando abbiamo aperto eravamo pronti a gestire il rientro di chi lavora nei nostri spazi. In Copernico - prosegue Miccoli -abbiamo per questo creato un protocollo con le linee guida da seguire per assicurare un ambiente protetto.
Spazi flessibili
Secondo McKinsey gli ambienti lavorativi dovranno essere, in generale, più flessibili, per garantire sia aree di incontro sicure sia aree per il lavoro individuale, al fine di rispettare le regole di distanziamento sociale. Inoltre, gli spazi di lavoro dovranno essere dotati della tecnologia adatta per permettere a chi opera da remoto di collegarsi.
“Il lavoro da remoto sarà qualcosa che resterà nella nostra quotidianità, non torneremo al 100% alle abitudini precedenti, ma molti di noi sono contenti di poter tornare in ufficio – racconta Miccoli di Conio. – Metà del nostro team infatti già è tornato a lavorare in sede. Sicuramente ciò che potrà aiutare sarà avere a disposizione degli spazi flessibili, diversi dall’ufficio classico.”
I mesi di reclusione forzata hanno aumentato la nostra voglia di condivisione e di socialità, c’è sempre più desiderio di tornare alla normalità, anche se questa sarà necessariamente diversa. E la flessibilità - non solo degli spazi fisici, ma anche per esempio dei turni lavorativi, dell’alternanza tra casa e ufficio - ha vantaggi anche a livello psicologico, perché sapere che c’è un’alternativa in una situazione ancora non chiara come quella in cui stiamo vivendo dà tranquillità.
“Appena è stato possibile rientrare a fine maggio, sono tornato - racconta Moacir Giansante di Salaryfits, spin-off di una società brasiliana che ha aperto nel nostro Paese nel pieno della pandemia. - Per noi lavorare da remoto con le altre sedi nel mondo è la normalità, ma gli incontri con i clienti li abbiamo sempre fatti di persona: gli italiani in particolare hanno resistenza a organizzare incontri online, hanno bisogno di interagire dal vivo.”. Il confronto con gli altri è importante da un punto di vista sociale, dal momento che l’uomo non è fatto per stare da solo, ma soprattutto perché dà vita alle idee migliori essendo un generatore di “occasioni”. Il contatto con gli altri e la casualità dell’incontro sono aspetti irrinunciabili quando si parla di opportunità lavorative.
Quindi, come sarà il ritorno nei luoghi del lavoro? Sicuramente cauto, ma caratterizzato dalla voglia di confrontarsi, di collaborare, e di tornare a esplorare gli spazi del lavoro sotto a una luce diversa, con la consapevolezza di cosa significhi veramente smart working, che sia dall’ufficio, da casa, o dal mare.