Farsi memoria, avere come missione di vita quella della testimonianza, essere lì con i segni sul braccio e gli squarci dentro, e parlare, e raccontare, e riprovare il dolore altre 100 indicibili volte, dire a chi si ha davanti 'ecco cosa è stato il più folle dei progetti', lo sterminio di una 'razza' e quello di chi era diverso - gli omosessuali, i disabili, i rom - e di chi non la pensava come il dittatore - gli oppositori politici. Araldo della memoria, come lo chiama la senatrice Liliana Segre, è uno straziante 'mestiere': si è costretti pubblicamente a ricordare, a non dimenticare.
Il fatto è che più tempo passa più anche i pochissimi sopravvissuti dell'Olocausto saranno morti. E - nel ventesimo anniversario dell'istituzione del Giorno della Memoria il 27 gennaio, a ricordo di quando 76 anni fa fu liberato il simbolo di tutto questo male, il campo nazista di sterminio ad Auschwitz - dobbiamo dire loro grazie, grazie dello sforzo immane di ricordare quando magari desidererebbero stare soli con il loro dolore, scavare a fondo, cercare risposte persino alla 'vergogna' di essersi salvati, come disse Primo Levi. Stiamo vivendo un'agonia della memoria diretta e forse per questo si è fatta più concitata, più consapevole che questi ultimi sono davvero gli ultimi. Poi resteranno i libri, centinaia ormai in Italia e nel mondo, i diari (le testimonianze di Piero Terracina e Shlomo Venezia sono custodite a Pieve Santo Stefano dall’Archivio dei diari e riportate da Camillo Brezzi nel volume L’ultimo viaggio. Dalle leggi razziste alla Shoah (il Mulino, 2021), i film, i documentari, le fondazioni custodi di memoria - dal Museo della Shoah a Roma , al Memoriale delle vittime della persecuzione antiebraica 1943-45 con l'indicazione e le biografie dei Nomi della Shoah diretto da Liliana Picciotto, dall'Associazione Figli della Shoah con sede a Milano e presieduta da Liliana Segre, alla fondazione di Steven Spielberg UscShoah, fino ai meravigliosi progetti delle pietre d'inciampo e al profilo twitter di Auschwitz Memorial. Quest'ultimo è una immensa fonte: ogni giorno, più volte al giorno pungola i lettori raccontando in breve le storie di 1.1 milioni di internati lì dentro, postando le loro immagini (i bambini in fasce, gli anziani mal messi, i giovani nel piano degli anni, uno strazio incredibile) e spiegando: quando è arrivata la persona, da dove, che viaggio ha fatto per arrivare nel campo di sterminio e come è morta. Un lavoro davvero incredibile.
La memoria diventerà indiretta, l'emozione affidata a voci scomparse ed è per questo che i sopravvissuti sono inquieti, temono l'indifferenza, il sacrificio vano e allora diventano ancora più instancabili, cercando di raggiungere quelle giovani generazioni che hanno solo loro da vedere in vita e qualche pagina nel libro di storia. I ragazzi si chiedono come è potuto accadere, come è stato possibile il silenzio di chi ha continuato a vivere, seppure con le sofferenze della guerra. Ecco su questo le risposte restano inevase.
Secondo l’analisi dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane e dello scrittore e storico Marcello Pezzetti, che cura il museo di Roma, i sopravvissuti in Italia sono ormai una decina. A loro si aggiungono i sopravvissuti ex deportati per motivi variamente politici non ebrei, ex deportati politici tra i circa 1000 italiani che subirono il male dei campi di sterminio e che sono ad oggi in vita. "Sarebbe un errore non tutelarne la memoria al pari di altri", dice all'ANSA Dario Venegoni presidente dell'ANED Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi nazisti. In totale potrebbero essere circa 20.
Ecco chi sono:
Sami Modiano, 90 anni (da Rodi a Birkenau all'età di 13 anni. La sua storia è nel libro di Walter Veltroni, Tana libera tutti), Edith Bruck, 88 anni (scrittrice, regista, deportata a 13 anni prima ad Auschwitz e poi in altri campi di sterminio: Dachau, Christianstadt, infine Bergen Belsen), Liliana Segre, 90 anni (senatrice a vita, numero di matricola 75190, dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono deportati ad Auschwitz, fu tra i 25 sopravvissuti di allora), Virginia Gattegno, 97 anni (matricola A 24324, ultima testimone veneziana), le sorelle di Fiume Andra e Tatiana Bucci, rispettivamente 81 e 83 anni, testimone dell'orrore più assurdo, quello degli esperimenti di Mengele, Arianna Szörényi, anche lei di Fiume (numero di matricola 89219, portata ad Auschwitz e poi a Bergen Belsen dalla Risiera di San Sabba ad appena 11 come racconterà nel libro Una bambina ad Auschwitz, Mursia), Diamantina Vivante Salonicchio, 82 anni (nata a Trieste nel 1928, sopravvissuta a Ravensbrück, Rosa Hanan, 100 anni (nata a Rodi nel 1920, sopravvissuta ad Auschwitz), Donato Di Veroli, 86 anni (matricola ad Auschwitz con il tatuaggio numero A-5372, è l'ultimo in vita degli ebrei romani deportati, dopo la morte di Pietro Terracina), Goti Bauer, 86 anni (nome di nascita Agata Herskovitz , nata in Cecoslovacchia, detenuta a Fossoli, poi deportata ad Auschwitz-Birkenau. Matricola A-5372, è da oltre 20 anni infaticabile testimone della Shoah con gli studenti di Milano dove risiede).
Recentemente sono scomparsi Nedo Fiano (il 19 dicembre 2020, deportato a 14 anni ad Auschwitz, è stato consulente di Roberto Benigni per La vita è bella, il figlio Emanuele ha scritto Il profumo di mio padre, uscito in questi giorni per Piemme), Joseph Varon (morto il 3 marzo 2020), Franco Schoneit (il 'ragazzo' di Buchenvwald, morto nel 2020) Piero Terracina (scomparso l'8 dicembre 2019), Alberto Sed (morto il 3 novembre 2019).
Venegoni, presidente Aned cita alcuni altri testimoni viventi: Gilberto Salmoni, 83 anni, presidente di Aned Genova deportato all'età di 16 anni a Buchenwald, Vittorio Bocchetta, 102 anni, veronese d'adozione, antifascista e partigiano, Alessandro Scanagatti, classe 1927, nato a Buscate, partigiano, deportato e sopravvissuto a Mathausen come Ennio Trivellin (presidente Aned di Verona), staffetta partigiana classe 1928, Loredana Bulgarelli, ex deportata politica a Mauthausen, poi ad Auschwitz e infine a Flossenburg. E poi ultimo per età e forse tra i più anziani in vita lo scrittore sloveno nato a Trieste Boris Pahor, 108 anni, partigiano sopravvissuto a Dachau e Bergen-Belsen.