Basta una pubblicità su un giornale per sentirsi troppo magre o troppo grasse, troppo alte o troppo basse, troppo mascoline o troppo femminili: le donne del resto sono sempre "troppo", almeno per la società patriarcale giudicante che, con i suoi modelli stereotipati, esercita su di loro una continua - e spesso nemmeno troppo velata - violenza, denigrandole per i loro corpi e facendole sentire inadeguate.
Per portare sulla carta stampata una rappresentazione del femminile più inclusiva, che comprenda anche la comunita LGBTQIA+, nasce Dàme, rivista indipendente e femminista che mira a stimolare un dibattito sull'autoconsapevolezza, la normalizzazione e l'accettazione di sé partendo proprio dal corpo delle donne.
Nelle pagine del primo numero, il focus è dunque sulla diversità delle pance, da quelle morbide a quelle scolpite, ma non solo: ampio spazio è infatti riservato ad approfondimenti e interviste a donne comuni, designers ad artisti, che riflettono su tematiche come la grassofobia, l'endometriosi, la fluidità di genere e la gravidanza. Inoltre, non mancano anche i contributi di figure quali Jennifer Guerra, autrice del Capitale Amoroso, Chiara Meloni, attivista, illustratrice e fondatrice di Belle di Faccia, Veronica Yoko Plebani, atleta paralimpica, e Norma Rossetti, CEO di MySecretCase.
L'idea è quindi di sensibilizzare i lettori sulla visione della donna e le sue forme, facendo anche comprendere - attraverso le pagine di una rivista che ambisce a diventare "comunità", luogo di confronto e di "conforto", dove portare le proprie istanze ed essere accettati - quanto sia reale il problema di sentirsi inadeguati rispetto a standard e convenzioni imposti dalla società e dagli altri. "Noi donne viviamo sotto la costante pressione di essere e apparire in un certo modo per essere accettate ed apprezzate; continuamente insoddisfatte del nostro aspetto fisico e desiderose di raggiungere quell'aspettativa irrealistica di essere perfette", afferma Sara Augugliaro, Founder & Editor-in-chief di Dàme, motivando la scelta di dedicare il primo numero alla pancia perché "negli anni ci sono stati studi che ricostruivano i significati sociali e culturali legati a parti del corpo come il seno femminile e la vagina, ma finora nessuno si è concentrato sulla pancia perché non è mai stata presente nell'immaginario collettivo, se non come utero.
Perciò, si è voluto esplorare questa parte del corpo altrettanto densa di rimandi. Inoltre, una nostra ricerca interna ha dimostrato che l'89% degli intervistati si vergogna della propria pancia e indovinate un po'? È la parte del corpo che più odiano". (ANSA).
Il corpo delle donne, l'inclusione passa per i media
E' la pancia il primo focus della nuova rivista femminista