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A New York in scena un'opera lirica contro la pena di morte

Dead Man Walking a Lincoln Center dal memoir di Sister Helen

Redazione Ansa

Le battaglie contro la pena di morte trovano un alleato nella Metropolitan Opera: nel tempio newyorchese della lirica a Lincoln Center e' in questi giorni in scena Dead Man Walking in cui il baritono Ryan McKinny e' un condannato in attesa di esecuzione. Come il film premio Oscar del 1995, l'opera prende il titolo dal memoir di Helen Prejean, l'84enne suora della Louisiana che da decenni guida negli Usa le campagne contro le esecuzioni. "Partiamo con un delitto orrendo e includiamo i punti di vista delle famiglie delle vittime. Cominci odiando il protagonista poi subentra l'interrogativo: puoi ancora vedere l'essere umano dentro di lui?", spiega McKinny. Mai prima d'ora il movimento abolizionista aveva pensato di usare la lirica come veicolo per cambiare l'opinione pubblica favorevole alle esecuzioni: "E' la prima volta ed e' molto importante", ha commentato Jamila Hodge, direttrice di Equality Justice Usa. Con Dead Man Walking - musica di Jake Heggie, libretto di Terrence McNally e il direttore artistico Yannick Nézet-Séguin sul podio - la Met Opera recupera cosi' una delle missioni, non di solo intrattenimento, che la lirica ha avuto nel corso della storia: a fine settecento Il Matrimonio di Figaro fu accolto come un attacco all'ordine sociale pochi anni dopo scardinato dalla rivoluzione francese, mentre a meta' Ottocento le opere di Verdi aiutarono la causa dell'unita' d'Italia. La performance di McKinny e' ispirata all'amicizia che il baritono ha stretto con Terence Andrus, un condannato a morte del Texas colpevole di aver ucciso nel 2008 durante un furto d'auto. Andrus, che si e' ucciso in carcere quando i suoi ripetuti ricorsi sono stati respinti, all'epoca aveva 20 anni e afferma di aver agito per legittima difesa, terrorizzato quando il proprietario dell'auto lo aveva minacciato con la pistola. "Era un poeta, un artista interessato al mio mondo", ha detto il cantante che piu' volte lo e' andato a trovare in prigione.

McKinny ha poi scoperto che il detenuto soffriva della stessa malattia mentale di suo fratello minore, morto l'anno di overdose. Andrus aveva avuto una chance nel 2020 la Corte Suprema aveva rinviato la sua richiesta di un nuovo processo a un tribunale di appello che tuttavia aveva confermato la condanna. Quando il nuovo ricorso era tornato ai togati di Washington, il clima politico era cambiato: di fronte al nuovo no dei giudici conservatori il detenuto si era tolto la vita. "Mi e' caduta allora addosso la responsabilita' di raccontare la sua storia", spiega il baritono. L'opera finisce con l'esecuzione: in silenzio un video riprende McKinny legato al lettino, poi l'ago dell'iniezione letale inserito nel braccio. La sequenza svela quanto e' di solito celato tra le mura del carcere: "Il segreto che circonda le esecuzioni - aveva scritto Suor Helen nel memoir di 30 anni fa - rende le esecuzioni possibili. Se fossero pubbliche, la violenza e la tortura sarebbero smascherate e per vergogna saremmo costretti ad abolirle".
   

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