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Cosa può fare ognuno di noi per una società libera dalla violenza alle donne

Educare alla parità e al rispetto, al valore del consenso sessuale è la prima forma di contrasto, dalle scuole ai media

Redazione Ansa

Usare le parole giuste, contrastare gli stereotipi, attuare la par condicio di genere e dunque educare alla parità. E' ANCORA una volta una rivoluzione culturale, dal linguaggio alle abitudini, quella che può produrre il cambiamento reale della società. Il 25 novembre è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne ed è forte il senso collettivo della mobilitazione, il far rumore, sull'onda della morte di Giulia Cecchettin ma non solo. Perchè la violenza è sistemica e non episodica come una calamità naturale. Il bilancio in termini di cronaca è drammatico e sono giorni di manifestazioni spontanee in tutta Italia, partecipate come non mai, su un tema che ci appartiene tutte e tutti e che ci si augura non sia appannaggio solo delle donne e non solo del 25 novembre ma che il panuelo fucsia (il fazzoletto storico femminista) si sventoli ogni giorno. Sul tema si è oggettivamente alzata la sensibilità, allargando anche al tema delle molestie e degli abusi a partire dal #Metoo sull'onda del caso Harvey Weinstein.
I Centri anti violenza sono preziosi avamposti in Italia, spesso primo approdo, da difendere aumentandoli e sostenendoli con i fondi. I media stessi possono essere considerati una sorta di prima linea contro la violenza sulle donne nel momento in cui con consapevolezza e responsabilità raccontano questi temi.
Le parole giuste per raccoltare la violenza contro le donne sono uno dei tanti passi da fare e che si possono fare. Il Manifesto di Venezia,  promosso dalla Commissione Pari Opportunità della Federazione nazionale della stampa italiana con altri sindacati e l'associazione Giulia giornaliste, ha raccolto centinaria di adesioni, ma quel che più è importante ha messo l'informazione al centro della rivoluzione culturale che può contrastare la violenza sulle donne.

Cosa può fare ognuno di noi per costruire una società contro la violenza sessuale

“Ognuno di noi ha un ruolo da svolgere in questo processo di costruzione di una società più paritaria e libera dal sistema patriarcale, dalla mascolinità tossica, dal machismo e dalla misoginia. Innanzitutto, è cruciale promuovere maggiormente l'educazione sessuale e affettiva. Fondamentale è, poi, diffondere la cultura del consenso sessuale, per far sì che ogni persona sia nelle condizioni di decidere liberamente se dare o meno il proprio consenso sessuale. Anche la responsabilizzazione individuale gioca un ruolo chiave, incoraggiando le persone a rifiutare e contrastare attivamente qualsiasi comportamento sessista, dal catcalling alla violenza sessuale. Allo stesso tempo, è cruciale creare un ambiente in cui le vittime di violenza si sentano ascoltate, supportate e tutelate dalla società e dalle istituzioni. Promuovere modelli positivi di mascolinità e lavorare per l'uguaglianza di genere sono ulteriori passi importantissimi. Solo attraverso un impegno collettivo possiamo sperare di cambiare queste dinamiche e costruire una società più egualitaria, rispettosa e inclusiva”, ha detto la psicoterapeuta Valeria Fiorenza Perris, direttrice del servizio di psicologia online Unobravo.

Le parole dei media sulla violenza hanno un peso

Le parole hanno un peso: utilizzare il termine specifico “femminicidio” per i delitti compiuti sulle donne in quanto donne e superare la vecchia cultura della “sottovalutazione della violenza”: fisica, psicologica, economica, giuridica, culturale (è il quinto punto del manifesto), sottrarsi a ogni tipo di strumentalizzazione per evitare che ci siano “violenze di serie A e di serie B” in relazione a chi subisce e a chi esercita la violenza (è il sesto);
evitare:
a) espressioni che anche involontariamente risultino irrispettose, denigratorie, lesive o svalutative dell’identità e della dignità femminili;
b) termini fuorvianti come “amore” “raptus” “follia” “gelosia” “passione” accostati a crimini dettati dalla volontà di possesso e annientamento;
c) l’uso di immagini e segni stereotipati o che riducano la donna a mero richiamo sessuale” o “oggetto del desiderio”;
d) di suggerire attenuanti e giustificazioni all’omicida, anche involontariamente, motivando la violenza con “perdita del lavoro”, “difficoltà economiche”, “depressione”, “tradimento” e così via.
e) di raccontare il femminicidio sempre dal punto di vista del colpevole, partendo invece da chi subisce la violenza, nel rispetto della sua persona (è il 10 fondamentale punto del Manifesto di Venezia).
«La violenza maschile contro le donne è frutto di una cultura diffusa che incide sulle relazioni, le rappresentazioni e le soggettività e non può essere ridotta a una devianza o a spinta criminale di una minoranza. Il lavoro nelle scuole e quello culturale per un mutamento nel maschile sono parte di un impegno integrato contro la violenza, per conoscere le sue cause e per la promozione di un cambiamento nelle relazioni tra i generi: sessismo, modalità di delegittimazione delle donne sono situazioni che abbiamo sperimentato nella vita di tutti i giorni e che possiamo contrastare in prima persona», ha detto Stefano Ciccone, dell’Associazione Maschile Plurale. Per contrastare la violenza sulle donne occorre, quindi avviare un importante cambiamento culturale per raggiungere una consapevolezza – anche tra professionisti, come operatori e insegnanti, giornalisti… - che consenta di riconoscere stereotipi così radicati nella nostra società da diventare talvolta invisibili. "Questo cambiamento culturale può essere messo in moto anche attraverso i media, ad esempio attraverso ritratti realistici e non parziali di uomini e donne.  Senza dimenticare il ruolo dell’educazione di genere con bambini e adolescenti, che può essere un potente strumento per promuovere un cambiamento nelle nuove generazioni, fungendo da fattore di protezione per tentare di aggredire le radici culturali della violenza di genere".

E' urgente l'educazione sessuale e affettiva nelle scuole italiane

 Sono già oltre 2mila le firme a sostegno del manifesto - appello promosso dall’AIED, la storica Associazione Italiana per l’Educazione Demografica che celebra quest’anno ben 70 anni di impegno e battaglie per i diritti civili in Italia, dalla legalizzazione della contraccezione al divorzio, all’aborto. Urgentemente rivolto al Governo italiano, alle opposizioni e alla società civile, l’appello si focalizza sulla necessità di riprendere subito il lavoro di adattamento al sistema scolastico italiano degli Standard per l’Educazione Sessuale in Europa dell’OMSin modo da rendere operativo l'inserimento di linee guida di educazione sessuale e affettiva nelle scuole italiane dall'anno scolastico 2024/2025.
"Il rispetto di genere - spiegano il presidente AIED Mario Puiatti e la vicepresidente Antonella Spolaor Dentamaro - passa dal diritto all’informazione/educazione sessuale e da conoscenze emotive, relazionali e affettive ma anche scientifiche e fisiche legate alla sessualità. L’assenza di educazione sessuale produce stereotipi, favorisce una cultura oggettificante del corpo e falsa la formazione del consenso. L’accesso all’informazione sessuale e riproduttiva, accanto all’educazione affettiva e relazionale, è un diritto delle bambine e dei bambini e degli adolescenti, come tale riconosciuto dall’OMS e indicato negli Obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. In Italia ancora spaventa proclamarlo e riconoscerlo, per questo i nostri giovani sono esclusi dal medesimo diritto riconosciuto ai loro coetanei europei, accomunati ai soli studenti di Cipro Lituania Bulgaria Romania. È tempo di ‘tornare’ in Europa». 
Sarà consegnato lunedì prossimo al Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara , al Ministro della Salute Orazio Schillaci, al Mimistro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Maria Roccella e alla premier Giorgia Meloni. L’appello propone inoltre 
di aprire una consultazione pubblica con i giovani, le famiglie, i docenti, le associazioni e gli esperti della comunità scientifica e chiede sia garantito uno spazio adeguato sui mezzi di informazione del servizio pubblico all’approfondimento sulla salute sessuale e riproduttiva e sull’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, affinché la società possa esserne correttamente informata. Fra i firmatari - medici, operatori, psicologi, psicoterapeuti e sessuologi – tante le personalità della Cultura medica e scientifica, tanti gli esperti e terapeuti, gli psicologi e sessuologi, incluso il Consiglio Direttivo della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica con il presidente Salvatore Caruso e il segretario Roberta Giommi; e ancora la Vicesegretaria dell’Associazione Luca Coscioni Mirella Parachini, il segretario di + Europa Riccardo Magi e il presidente Federico Pizzarotti, gli accademici Antongiulio Faggiano, endocrinologo (Università Sapienza) e Carlo Trombetta, urologo (Università di Trieste).

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