La violenza di gruppo a Catania nei confronti di una tredicenne, a distanza di qualche mese da quella terribile di Palermo, conferma una tendenza in atto da tempo: la crescita dei reati commessi da giovani e da minorenni. Dal 2010, spiega all' ANSA Stefano Delfini, direttore del servizio analisi criminale della Polizia di Stato, «registriamo un incremento del 14% di minori denunciati ed arrestati.
In prevalenza di genere femminile le vittime, in molti casi ragazze minori di 14 anni, proprio come avvenuto a Catania. «Ci sono stati i casi di Palermo, Torino, Caivano ed ora Catania: qualcosa sta accadendo anche nel mondo giovanile nel campo delle relazioni tra pari, emerge un'assenza di educazione ai rapporti affettivi, che diventano malati», riflette Delfini. C'è anche, aggiunge, «un'assoluta mancanza di consapevolezza del proprio agire, con un utilizzo della violenza sproporzionato rispetto all'obiettivo, nonché un'assenza di empatia con la vittima, come si evince dalle violenze sessuali di gruppo». E anche dopo il fatto, sottolinea, «l'autore della violenza spesso non pensa di aver agito in modo gravemente sbagliato».
Poi ci sono i social, con i ragazzi che ormai vivono connessi h24 ai loro dispositivi. In questo quadro, ragiona il dirigente della Polizia, «aumentano la spettacolarizzazione di questi atti e il rischio emulazione per ragazzi che non hanno ancora sviluppato una capacità critica». Nelle violenze da branco «c'è poi l'elemento della deresponsabilizzazione che gioca un ruolo».
Quello della violenza giovanile, rileva Delfini, «è un tema strategico per il nostro Paese e per le forze di polizia che sono il primo punto di riferimento per i cittadini. La nostra linea è quella di puntare sulla prevenzione, oltre al contrasto, con la formazione del nostro personale ed iniziative di sensibilizzazione che facciamo in contesti degradati, nelle scuole o anche con l'apertura di palestre e strutture di gruppi sportivi delle forze dell'ordine come quelle al quartiere Sanità di Napoli o ad Ostia». Analogo il commento del procuratore capo presso il Tribunale dei minorenni di Palermo, Claudia Caramanna. «Alla base di tutto - osserva - c'è l'amara constatazione che i giovani sono sempre più violenti e che si comportano con le donne come se fossero degli oggetti. Non capiscono le sofferenze che possono provocare e comunque non se ne curano affatto. Abbiamo registrato un forte incremento delle lesioni personali e di risse in cui sono coinvolte baby gang o ragazzi che hanno superato da poco la maggiore età. È l'ennesimo segnale della rabbia e del disagio che agita questa generazione, acuiti probabilmente a causa delle restrizioni provocate dal Covid». Con i social che «fanno da cassa di risonanza ai modelli negativi».
Minorenni violenti, + 14% di arrestati, "manca consapevolezza del proprio agire"
L'analisi della Polizia, nelle violenze del branco aumenta la deresponsabilizzazione