Le “grandi domande” dei più piccoli spesso mettono in difficoltà gli adulti. Cosa non fare di fronte ai “perché?” del proprio bambino per aiutarlo nel suo percorso di crescita e di scoperta del mondo che lo circonda? Chiara Bosia, psicologa, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e consulente scientifica di QUID+, fornisce 5 utili consigli ai genitori che spesso si sentono a disagio o non all’altezza di rispondere ai quesiti esistenziali dei propri figli.
Ecco 5 consigli su cosa non fare di fronte ai perché del proprio figlio:
1. Non fingere di non aver sentito Spesso un “perché” è accompagnato da un’altra serie di domande per approfondire la situazione e la continua richiesta di informazioni può portare il genitore a stancarsi di rispondere e, a volte, a fingere di non aver sentito. Questo atteggiamento rischia di generare uno stato di insicurezza e di accentuare il bisogno di attenzioni. Se quando viene posta la domanda non c’è il tempo necessario per rispondere adeguatamente, si può rimandare ad un altro momento della giornata, ma è importante ricordare che dobbiamo validare il “perché” e far sentire il bambino ascoltato e accolto con una spiegazione il più possibile chiara e concreta. Attraverso i “perché” il bambino crea una propria visione del mondo ed è quindi essenziale aiutarlo in questo percorso.
2. Non cambiare argomento per indirizzare l'attenzione su altro Quando una domanda viene ignorata o elusa, il piccolo, non percependo la presenza e l’affidabilità della figura adulta, sarà portato a credere di doversela cavare da solo nei momenti di difficoltà. Pertanto, è giusto affrontare anche le domande più difficili con sincerità, in quanto l’essere evasivo del genitore porterebbe il bambino a pensare che non vale la pena essere curiosi. Se siamo stati colti alla sprovvista e non ci sentiamo pronti a rispondere nell'immediato, possiamo spiegare al bambino che la sua domanda è molto importante e che abbiamo bisogno di tempo per pensare alla risposta migliore da dargli. Il genitore può anche rispondere con un “non lo so” e proporre di cercare la risposta insieme. Coinvolgere i più piccoli, formulando a nostra volta delle domande rivolte a loro, permette di allenarsi ad approfondire la realtà delle cose in ogni aspetto possibile, sviluppando il proprio senso critico e di empatia nei confronti degli altri, che possono avere un diverso colore di pelle, gender o orientamento sessuale.
3. Non dire “te lo spiegherò quando sarai più grande” La curiosità dei bambini è limpida e senza alcuna malizia o pregiudizio, contrariamente a quanto accade a noi adulti che proviamo disagio e inadeguatezza di fronte a certe domande. I loro “perché” nascono da sensazioni che provocano loro emozioni e quesiti che sentono di non essere in grado di gestire da soli. Rimandare la spiegazione a un momento indefinito di un lontano futuro sminuisce il valore della domanda stessa e fa percepire al piccolo come sbagliata la propria richiesta.
4. Non dire “quando mamma e papà si baciano la mamma resta incinta e nasce un bimbo” Dare risposte fuorvianti può contribuire alla formazione di una visione irrealistica del mondo circostante e causare una perdita di fiducia da parte del bambino nei confronti dei genitori, una volta scoperta la verità. Pertanto, è giusto affrontare anche le domande più difficili con sincerità, in quanto l’essere evasivo del genitore porterebbe il bambino a pensare che non vale la pena essere curiosi.
5. Non utilizzare l’ironia I bambini iniziano a comprendere l’ironia solamente intorno ai 6 anni, quindi rispondere ironicamente non aiuterebbe di certo il piccolo a fare chiarezza sui suoi dubbi. Invece, è bene utilizzare parole semplici e dirette senza giri di parole o l’utilizzo di un linguaggio complesso con eccessivi dettagli: il bambino non ha bisogno di sapere niente di più di quello che ha chiesto, ma solo di poche e facili spiegazioni sincere.
I perchè dei bambini e 5 consigli per rispondere bene
Dalla psicologa Chiara Bosia cosa non fare di fronte alle grandi domande che mettono in difficoltà gli adulti