La città del caffè: a Trieste il rito italiano è declinato in tanti modi, una tradizione che racconta una storia di esportatori, spedizionieri e torrefattori all'ombra di un porto che è stato in altre epoche addirittura il sesto al mondo. Marche famose, colossi come Illy, meno conosciute come Hausbrandt o locali come l'Antica Torrefazione di Trieste, ma oltre il chicco sono i caffè storici il biglietto d'ingresso della città, sempre affollati e dove entrando bisogna prestare attenzione alle parole per non dichiararsi subito 'stranieri'. Bisogna dire nero per ordinare il caffè espresso, gocciato per un caffè con poca schiuma, capo per un cappuccino, macchia per un caffè macchiato, declinando poi in 'B' tutto questo per chiedere i vari tipi in un bicchiere di vetro (nero in b, capo in b, macchia in b) e attenzione però: caffellatte sta per cappuccino, in un crescendo che prevede il viennese (panna e cioccolata, meglio se Peratoner), il Morlacco (crema chantilly, liquore Morlacco, panna montata), il cannella con panna fresca e cannella e via di golosità. Si dice che i triestini consumino circa 10 kg di caffè all’anno a testa. E c'è tutta una attività che ruota intorno, economica, turistica e di formazione con corsi di degustazione, torrefazioni, impianti di decaffeinizzazione, persino una Università del caffè, un centro di eccellenza creato da illy per promuovere e divulgare la cultura del caffè in tutto il mondo.
Si parte dal caffè e dai caffè storici per entrare nel mood di questa città che carica di storia (il regno asburgico, l'irredentismo, la potenza portuale) fa i conti con un presente ridimensionato rispetto a quel passato ma per questo tutta da scoprire rispetto ad altre mete italiane. E dove la presenza di tante comunità, serbo-ortodossa, greca, slovena, ebraica (c'è la sinagoga più grande d'Italia), armena, protestante, musulmana è così radicata da mescolarsi nei piatti di cibo tipici della città, da determinare feste e celebrazioni continue, persino un calendario che le riporta tutte come quello edito da Alexandros Delithanassis, origine greca, titolare da qualche anno di uno dei luoghi più belli della città: l'Antico Caffè San Marco, rinato con lui a nuova vita, con libreria, ristorante, bar, attività culturali in uno spazio magnifico dei primi anni del Novecento, luogo di irredentisti, affrescato magnificamente e dove ascoltando i racconti di Delithanassis e dei suoi preparati camerieri perdersi nelle mille vicende di questo spazio. Più in centro, davanti al molo, c'è il Caffè To
mmaseo, mentre in Piazza Unità d'Italia, 'la piazza' di Trieste che guarda il mare, scruta l'orizzonte, aspetta la bora (il vento micidiale di questi luoghi, talmente importante da avere un museo tutto per lei), c'è il Caffè degli Specchi.
La cultura, con il caffè, è l'altro biglietto da visita. Trieste è una città letteraria e qui si sta realizzando un museo della letteratura, di fronte alla statua di Italo Svevo che nacque proprio in piazza Attilio Hortis nel 1861 e dove ambientò i suoi romanzi. La targa in bronzo riporta una frase della Coscienza di Zeno: "La vita non è né brutta né bella, ma è originale!". Il monumento raffigura Ettore Schmitz (il vero nome di Italo Svevo) con cappello e libro in mano e sembra guardare verso un altro suo ritratto presente nella piazza: quello dipinto sulle mura del palazzo di fronte, sede della Biblioteca civica, dove Svevo amava trascorrere ore a leggere e studiare, ancora oggi frequentatissima e promotrice di iniziative letterarie, insieme ad altre istituzioni cittadine come il Teatro stabile, per reading e conferenze. La statua di Svevo non è l'unica di autori famosi che scelsero Trieste come luogo d'ispirazione: James Joyce e Umberto Saba, mentre sulla piazza della Borsa intento a leggere tra tanti libri c'è anche Gabriele D'Annunzio, legato alla città anche per le imprese marinare, come l'Audace, la prima nave della Marina Militare italiana, il cacciatorpediniere Audace arrivato nel porto il 2 novembre 1018. Audace è da quegli anni Venti anche il nome del Molo, la bellissima passerella sul mare, scenario instagrammabile di foto con panorami di albe e tramonti, con luci livide o abbaglianti. Il luogo dove le barche si affollano nel periodo della Barcolana ad ottobre.
La riscoperta turistica di Trieste passa anche per mostre d'arte, quelle nel palazzo ottocentesco del barone Pasquale Revoltella (1795-1869), personalità illustre della città, economista, imprenditore tra i primi azionisti delle Assicurazioni Generali, consigliere d'amministrazione del Lloyd Austriaco, cui si deve anche un forte impegno per l'apertura del canale di Suez del 1869, decisivo per lo sviluppo economico di Trieste legato ai traffici marittimi. Per volontà del barone e per ospitare la sua collezione d'arte nacque in quegli anni una istituzione, il Museo Revoltella , importante galleria d’arte moderna che già alla fine dell’800 aveva autori come Previati e Hayez e poi successivamente, grazie alle acquisizioni alle Biennali di Venezia, ampliata con opere di grande valore, come la Signora col cane (1878) di De Nittis e poi ancora nel corso del ’900 con opere di Casorati, Sironi, Carrà, Morandi, De Chirico, Manzù, Marini, Fontana e Burri. Oggi, oltre alle collezioni permanenti si svolgono mostre importanti, come l'ultima in corso fino ad aprile 2023 sul movimento dei Macchiaioli con opere di Telemaco Signorini, Giovanni Fattori e Silvestro Lega tra gli altri. Proprio lì accanto l'ampliamento del museo, su progetto di Carlo Scarpa, con l'attiguo palazzo Brunner, aperto nel 1991. Trieste - l'Antico Caffè San Marco
Altro luogo d'arte è sul mare, il Salone degli incanti, divenuto Centro Espositivo d'Arte Moderna e Contemporanea sulla Riva Nazario Sauro, un palazzo liberty degli anni Dieci del Novecento che un tempo era la pescheria centrale del porto di Trieste (i polpi scolpiti sulla facciata lo ricordano così come la torre che una volta distribuiva l’acqua di mare sui banconi del pescato e oggi rifornisce le vasche dell’Aquario). E' esempio dello stile che in città si alterna al dominante Neoclassico, senza dimenticare Ecclettismo e Razionalismo. Il Salone degli incanti ospita oggi mostre, dopo quella su Frida Khalo è aperta dal 25 novembre fino ad aprile 2023 “The Great Communicator. Banksy (Unauthorized exhibition)” l’esposizione sull'artista di Bristol, considerata come la mostra più completa mai organizzata in Italia sul misterioso writer. Curata da Gianni Mercurio, promossa dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dal Comune di Trieste e organizzata da PromoTurismoFVG in collaborazione con Madeinart pone l'accento sulle capacità comunicative di Banksycon il suo linguaggio immediatamente riconoscibile, con i suoi messaggi di protesta legati all'attualità, con il suo attivismo tramite l'arte contro consumismo, povertà, disuguaglianze sociali che arrivano diretti soprattutto alle giovani generazioni. Sono una sessantina le opere presenti nella mostra provenienti da collezioni italiane e internazionali (tra cui alcuni dipinti di grandi dimensioni) integrate da oggetti, fotografie, memorabilia e video lavori di Banksy, la ricostruzione del suo studio segreto tra bombolette spray e stencil in cui prepara le sue opere da installare con blitz veloci segreti e notturni. Nella mostra sono documentate le sue famose incursioni nei più importanti musei del mondo (MOMA, Louvre, Tate) - gli eco-attivisti di Ultima Generazione hanno anche lui come esempio - e le sue mostre provocatorie prima fra tutte quella al Walled Off Hotel, “con la vista più brutta al mondo”, creato dall’artista accanto al muro che a Betlemme confina la zona palestinese, simbolo del suo impegno per la causa di Gaza.
La cucina triestina (cui è dedicato anche un libro recente di Guido Tommasi Editore) di Marina Raccar e Rita Mazzoli riflette tutto il mix match triestino: piatti ungheresi, austriaci, carnici, si mescolano sulla tavola. La Jota, 'la minestra della Bora', dalla 'scontrosa grazia' come diceva Saba, ricetta antichissima a base di crauti, fagioli, patate e maiale affumicato profumata al Kümmel è un punto di partenza, si fa in casa, spopola nei 'buffet', le tipiche trattorie popolari triestine. La si alterna con la pasta e fasoi caratterizzata dal disfrito, il roux a base di olio e farina da tostare finchè non diventa bruno e da spargere sopra. Si prosegue con specialità come gli gnochi de susini (hanno una susina intera dentro), il misterioso liptauer (spalmabile a base di ricotta, gorgonzola, burro e paprika) perfetto per il rebechin, la merenda di metà mattina. Per il pesce regnano Sardoni (in realtà le alici) panai, ossia fritte con tanta panatura e il baccalà mantecato, la maionese di baccalà tipica di tutta la laguna da Venezia fin qui. Non manca il goulash di origine austro-ungarica ed è una delizia locale come il prosciutto cotto caldo tagliato a mano e servito con senape e cren. In città si fa grande uso di brodo e minestre quotidiane ben più della pastasciutta, gnocchi di patate, semolino o pane, capesante tutti i giorni e pangrattato in abbondanza.