Aumenta la preoccupazione in Italia per le politiche auto in Ue dopo che la Germania sembra abbracciare gli e-fuels. Da noi il settore automotive rappresenta il 13% del pil occupando 250mila posti di lavoro.
Secondo la ricerca Uilm-Està la transizione ecologica impatterà sull'automotive mettendo "a rischio fino a 120mila lavoratori", perché se un autoveicolo tradizionale con motore endotermico è composto da 7mila componenti, uno elettrico arriva ad un massimo di 3.500/4.000, per cui si prevede che "il 40-45% degli occupati italiani, sarà impattato dal passaggio all'elettrico". E' molto difficile, se non impossibile, sviluppare in così pochi anni soluzioni tecnologiche in grado di dimezzare le emissioni di CO2 degli autocarri", ha spiegato per esempio Acea, l'Associazione europea dei costruttori di autoveicoli, secondo cui già per raggiungere il nuovo target al 2030 sono necessari in Ue almeno 50.000 punti di ricarica pubblici per gli autocarri, di cui 35.000 ad elevate performance e almeno 700 stazioni di rifornimento di idrogeno.
"I produttori di veicoli europei stanno affrontando una sfida molto asimmetrica - aveva affermato il De Meo al suo debutto - non siamo più in testa alla corsa tecnologica e mentre gli incentivi all'acquisto di veicoli a zero emissioni diminuiscono nell'Ue, notiamo un massiccio sostegno ai nostri concorrenti in Cina e negli Stati Uniti". Secondo Sergio Savaresi, professore ordinario di automazione nei veicoli del Politecnico di Milano, "il passaggio alle auto elettriche mal si concilia con il nostro modello tradizionale di auto privata. In Italia - ricorda - abbiamo 40 milioni di veicoli di proprietà che sono mediamente poco usati. In questo scenario servirebbero auto elettriche con una grande autonomia e quindi batterie molto grosse, che col poco utilizzo rappresenterebbero uno spreco".
A poco potrebbe servire anche una transizione soft con l'utilizzo di e-fuel su cui potrebbe puntare l'accordo annunciato oggi secondo la ong internazionale Transport&Environment. "L'accordo sulle auto a zero emissioni, le sole che saranno commercializzate dal 2035, deve entrare in vigore senza ulteriori ritardi. Gli e-fuels, in questa prospettiva, risultano un diversivo costoso e inefficiente rispetto alla trasformazione verso l'elettrico, un trend industriale già solido sul quale converge tutta l'industria automotive". "I biocarburanti e i carburanti sintetici (e-fuel) vengono proposti da molti in Italia come uno strumento per decarbonizzare il settore dell'automotive, senza distruggere la filiera dei motori endotermici. Ma la verità è che non c'è una produzione adeguata di biocarburanti ed e-fuel neppure per il settore che ne avrebbe davvero bisogno, cioè il trasporto aereo" dice il segretario di Motus-E, l'associazione delle imprese dell'auto elettrica, Francesco Naso.
La scelta e-fuel penalizza l'industria italiana
Rischi per occupazione e imprese se le norme non vengono riviste