Chiuso un fronte, per la mobilità Ue a zero emissione se ne apre un altro. Guidato sempre dall'Italia. Dopo la travagliata ratifica dei Ventisette sullo stop alle auto inquinanti a partire dal 2035, raggiunta senza il consenso di Roma, ad agitare la scena europea è la nuova proposta di regolamento presentata da Bruxelles sui target Euro 7 per alzare l'asticella dei tagli alle emissioni nocive già nei prossimi quattro anni. Uno sforzo "irragionevole" per un'alleanza a otto che promette battaglia in un negoziato che, avverte il ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, è "solo agli inizi". E che si intreccia con l'auspicio mai sopito da parte del governo di riuscire nei prossimi mesi a strappare una norma ad hoc a Palazzo Berlaymont per mantenere in vita i biocarburanti - al pari dei già approvati e-fuels sospinti da Berlino - anche dopo la fine del motore a diesel e benzina. Con un non paper inviato alla Commissione Ue, alla presidenza di turno della Svezia e alle altri capitali, Italia, Bulgaria, Repubblica ceca, Francia, Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria hanno messo nero su bianco le loro riserve comuni sul disegno di regolamento svelato dal commissario europeo Thierry Breton nel novembre scorso dopo non pochi mesi di attesa. E che, se approvato così com'è, richiederebbe alle case automobilistiche ingenti investimenti sui motori termici per tagliare ulteriormente gli inquinanti come ossidi d'azoto e particolato, a fronte però di quello stop all'immatricolazione di auto a benzina e diesel previsto nel 2035 che ne renderebbe di fatto vani gli sforzi di finanziamento. La proposta, è la posizione netta delle otto capitali, "non appare realistica e rischia di avere degli effetti negativi sugli investimenti nel settore già impegnato nella transizione verso l'elettrico". E per questo i nuovi target dovrebbero perlomeno essere "prorogati" per dare più tempo ai costruttori di adeguarsi. Ma, soprattutto, dovrebbero essere ripensati per "riflettere" l'intero contesto legislativo comunitario e "l'attuale sviluppo dei metodi di misurazione" delle emissioni nocive in seno alle Nazioni Unite, tenendo conto "delle proprietà dei veicoli elettrici". Un fronte comune che, al contrario di quanto accaduto nel braccio di ferro sui biocarburanti, trova al fianco dell'Italia una nutrita alleanza. E, pur dietro le quinte, anche il sostegno della presidenza Ue di Stoccolma. Per Roma, si tratta di una battaglia comune di "ragionevolezza e pragmatismo" per "conciliare gli obiettivi della sostenibilità ambientale con la possibilità effettiva delle imprese e dei lavoratori di potersi adattare alle nuove esigenze". Ma il punto per Bruxelles resta blindare la transizione verso la mobilità a zero emissioni, seppur - è la concessione di Breton - "in democrazia". Nel tentativo di scongiurare una nuova impasse.
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