Nella lunga e gloriosa storia dell'Alfa Romeo c'è stato anche un modello 'ad interim' che - forse un caso unico negli annali dell'automobile - ha fatto da ponte tra due generazioni, restando però nelle concessionarie per soli tre anni.
Questa auto, apprezzabile sotto tanti punti di vista, stilistici e meccanici, è l'Alfa 90, che venne lanciata esattamente quaranta anni fa. Ma che nel giro di poco più di 36 mesi (e dopo solo 56.428 unità prodotte) venne accantonata per lasciare posto alla 164.
Una prematura scomparsa che è peraltro legata al ritardo con cui venne introdotta ma anche a causa dei nuovi programmi industriali connessi con l'acquisizione nel 1987 dell'azienda da parte del Gruppo Fiat, che inserì la sua moderna erede nel vasto programma che comprendeva sulla stessa architettura 164, Lancia Thema, Fiat Croma e Saab 9000.
Ricordano gli storici del Biscione che alla fine degli Anni 70 l'Alfa Romeo aveva avviato i progetti 154 e 156, per due nuovi modelli costruiti su un inedito pianale e destinati a sostituire la Giulietta e l'Alfetta. Ma proprio in quegli anni i conti dell'Alfa erano in rosso impedendo gli investimenti necessari.
Con il miglioramento dei conti all'inizio degli Anni '80 (era nate la 33 che si vendeva molto bene) il programma venne ripreso e nel 1982 furono lanciati i progetti 162A e 162B, rispettivamente le future Alfa 90 e Alfa 75. Restava la necessità di limitare l'investimento e quindi fu deciso di riutilizzare la meccanica delle auto in produzione cioè l'Alfetta e la Giulietta.
Bertone fu chiamato per disegnare l'Alfa 90 ma senza cambiare gran parte dei lamierati e il cosiddetto giro porte. Il lavoro riguardò dunque la 'pelle' esterna, il muso, la coda e la fanaleria con il risultato, comunque apprezzabile e abbastanza moderno, di una berlina sobria ed elegante, dalle linee squadrate e con una certa importanza su strada.
C'era anche una importante novità, costituita dallo spoiler anteriore retrattile, che scendeva automaticamente a partire dalla velocità di 80 km/h per effetto della pressione dell'aria, con il risultato complessivo di un coefficiente aerodinamico Cx pari a 0,37.
Nell'abitacolo, molto tradizionale nelle sedute, spiccano alcuni dettagli - come il freno a mano con grande maniglione che ricordava i comandi degli aerei - la presenza nell'allestimento di punta di una innovativa strumentazione optoelettronica a elementi fluorescenti che anticipava la rivoluzione digitale. E c'era anche un oggetto diventato nel tempo di culto (oggi si scambia attorno agli 8-900 euro) che era la valigetta ventiquattrore Valextra che si inseriva nella plancia al punto del cassetto portaoggetti.
L'auto venne presentata, coinvolgendo anche il mondo politico, nel settembre del 1984 con il debutto in pubblico al Salone dell'Automobile di Torino di quell'anno.
Dal punto di vista costruttivo riproponeva il caratteristico schema transaxle dell'Alfetta con motore anteriore, trazione posteriore e gruppo cambio-differenziale al retrotreno.
Il telaio dell'Alfa 90 prevedeva sospensioni anteriori indipendenti a quadrilateri oscillanti, ponte posteriore De Dion - aveva anche il compito di ospitare il gruppo cambio-differenziale. Completavano l'equipaggiamento (bisogna tenere conto del livelli dell'epoca) i quattro freni a disco e il servosterzo idraulico.
La versione top di gamma, la Quadrifoglio Oro era dotata del celebre 2.5 V6 'Busso' (dal nome del progettista) con iniezione elettronica e capace di 156 Cv. C'erano poi una versione di accesso 1.8 a carburatori da 120 Cv e una 2.4 Turbodiesel intercooler - motore fornito dalla VM di Cento - da 110 Cv.
L'introduzione dell'Iva al 38% per le auto oltre i 2000 cc spinse a realizzare l'Alfa 90 2.0 a carburatori e la 2.0i con iniezione elettronica entrambe da 128 Cv. Seppure prodotta in un numero limitato di unità venne aggiunta la variante 2.0 6V Iniezione CEM da 132 Cv.
Quest'ultima portava nella produzione di serie il Controllo Elettronico del Motore (CEM) che era stato sperimentato sull'Aletta assieme al disattivamento di due dei quattro cilindri - alta invenzione della Casa di Arese - e che prefigurava molte delle funzionalità del sistema d'iniezione con centralina, oggi standard globale.
Nel 1987 l'Alfa 90 lasciò spazio alla più fortunata Alfa 75 (di cui condivideva telaio e meccanica) ed evidentemente alla nuova 164, la cui denominazione coincideva con il numero di progetto.