Nuovo stop produttivo a Mirafiori. Stellantis ha comunicato la sospensione dell'attività alle carrozzerie dal 2 al 17 dicembre, con la chiusura collettiva dal 18 al 5 gennaio e riapertura quindi l'8 gennaio. In tutto sono interessati 1.800 dipendenti che lavorano sulle linee della 500 elettrica e delle Maserati GranTurismo e GranCabrio.
Stellantis ha spiegato ai sindacati che "il segmento delle city car elettriche in Europa nei primi 10 mesi dell'anno si è ridotto del 54% rispetto allo stesso periodo del 2023 e, allo stesso tempo in Italia, il mix Bev è su livelli molto bassi intorno al 4%. Questo non è sufficiente a mantenere una continuità nella produzione".
Per questo l'azienda ha deciso di produrre a Mirafiori dalla fine del 2025 la nuova 500 ibrida. Stellantis sostiene di essere "fermamente impegnata a garantire la continuità di tutti i suoi impianti e delle sue attività" e di "stare lavorando duramente per gestire al meglio e traguardare questa cruciale fase della transizione verso l'adeguamento e l'adozione delle nuove piattaforme tecnologiche". "Abbiamo chiesto per Mirafiori nuovi modelli e occupazione, ma la risposta dell'azienda è ancora cassa integrazione e stop produttivi" commenta la Fiom. "La decisione colpisce direttamente lavoratrici e lavoratori che avrebbero potuto contare su qualche giornata in più di retribuzione piena. Termina così l'annus horribilis dello stabilimento torinese che chiuderà al suo minimo storico" afferma la Fim torinese. "Le vicende di Mirafiori carrozzerie dimostrano che per rilanciare la produzione è indispensabile lanciare modelli ibridi e non solo elettrici" aggiunge Gialnuca Ficco, segretario nazionale della Uilm. La situazione del settore automotive continua a essere difficile in tutta Europa.
Domani il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, presenterà alla Commissione europea "un non-paper sull'auto" per chiedere la revisione del regolamento su veicoli leggeri e pesanti che non ha consentito che si raggiungessero gli obiettivi intermedi del 2023. "Non chiederemo di cambiare il target al 2035 ma di rendere più ragionevole il percorso" spiega Urso che parla di "visione ideologica" che ha portato a "un meccanismo così infernale" e avverte: "Bisogna riportare l'Europa alla realtà".
Volkswagen, intanto, ha deciso di vendere le sue attività nella regione cinese dello Xinjiang, dove Pechino è stata accusata di diffuse violazioni dei diritti umani, compreso il lavoro forzato. Il gruppo tedesco venderà la fabbrica alla società cinese Shanghai Motor Vehicle Inspection Center (Smvic).
Leggi l'articolo completo su ANSA.it