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Dazi e auto elettriche, le sfide tra Ue e Cina

La strategia del de-risking di Ursula. Ma Pechino punta su Orban

Redazione Ansa

 La strategia del de-risking inaugurata dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha sortito i suoi primi effetti alle ultime battute della legislazione europea che si sta concludendo: dal 16 agosto entreranno in vigore i primi dazi europei contro il biodiesel di Pechino. E' in questo contesto che si inserisce il viaggio della premier Giorgia Meloni in Cina. Un contesto che vede il vecchio continente e il colosso asiatico mai cosi lontani da un punto di vista commerciale. Non tutti i 27 in realtà sono su questa linea: Francia e Germania hanno mal digerito le misure di anti dumping comunitarie ma la conferma di von der Leyen ha deluso le aspettative di chi sperava in un ammorbidimento della strategia Ue verso la Cina.
Il punto di partenza della dottrina del de-risking inaugurata da Von der Leyen è la perdita di competitività di Bruxelles rispetto ai giganti americano e cinese. Sarà questa, e von der Leyen lo ha ribadito nel suo discorso di insediamento, una delle emergenze che la nuova Commissione affronterà in via prioritaria. A metà settembre il report di Mario Draghi indicherà una le possibili vie da seguire: ma una di queste sembra essere già tracciata e passa necessariamente per misure anti-dumping contro le aziende cinesi che, con la copertura statale, vendono prodotti necessari all'Ue.
Il dominio della Cina è evidente innanzitutto nel settore della transizione e, in particolare, in quello delle auto elettriche. Nella seconda metà di luglio, a seguito di un'indagine iniziata alla fine del 2023 sulla base delle denunce dei produttori europei la Commissione ha annunciato l' imposizione di dazi antidumping tra il 12,8% e il 36,4% sul biodiesel importato dalla Cina. Le misure entreranno in vigore e potrebbero rivoluzionare un mercato da 31 miliardi di euro all'anno che finora ha visto le aziende cinesi esportare 1,8 milioni di tonnellate di biodiesel all'Ue. Pechino ha reagito con veemenza facendo sentire tutto il suo disaccordo. Ma già dal giugno scorso aveva posto le basi per una reazione concreta alla mossa dell'Ue, mettendo in campo un'indagine antidumping sulla carne di suino esportata dai paesi Ue,
Ma la strategia del de-risking dell'Ue non è fatta solo di dazi. Attraverso accordi con uno spettro di Paesi terzi che va dalla Norvegia agli Stati dell Africa australe Bruxelles sta provando a uscire dal cule de sac della dipendenza dalla Cina sulle materie critiche. Finora il 90% delle cosiddette terre rare utilizzate dall'Ue proveniva dalla Cina. Ma nel giro di pochi anni von der Leyen vuole ridurre questa percentuale attraverso l'estrazione di materie critiche in Ue e intese con Paesi terzi considerati più affidabili.
La Commissione, tuttavia, deve fare i conti con i singoli Paesi. La Francia e soprattutto la Germania sono commercialmente legate a doppio filo con Pechino e hanno più volte cercato di frenare il nuovo trend dell'esecutivo Ue. E Pechino, allo stesso tempo, in questi mesi proverà a sfruttare il suo principale alleato in Europa: l'Ungheria, che è anche presidente di turno.
Budapest, mentre l'Ue cerca di allontanarsi da Pechino, ha spalancato le porte a Xi Jinping e agli investimenti diretti del Dragone. L'ultima missione di Viktor Orban a Pechino ha sedimentato un rapporto che per la Cina è sempre più geopolitico. Un esempio? Nel gennaio scorso Byd, il più grande produttore di veicoli elettrici al mondo, ha annunciato l'apertura di un impianto proprio in Ungheria. 

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