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Ribera chiude a Roma sulle auto, ma in Ue è scontro

Sale il pressing per rivedere subito le norme, il nodo sanzioni

Redazione Ansa

 "Nessuna marcia indietro della Commissione Ue sullo stop ai motori diesel e benzina dal 2035".
L'avversario numero uno di chi vuole modificare uno dei pilastri del Green Deal della scorsa legislatura europea ha il volto di Teresa Ribera. La vicepresidente della Commissione Ue con delega alla Transizione Pulita ha chiuso in maniera netta a un possibile dietrofront di Bruxelles, rispondendo indirettamente anche a Giorgia Meloni, secondo la quale le norme comunitarie sull'automotive rischiano di "mettere in ginocchio" il settore.
La partita, tuttavia, è tutt'altro che chiusa. E Ribera, oltre che con il pressing dell'Italia dovrà vedersela con il Ppe, che ha posizioni molto simili a quelle del governo italiano. Quel Ppe del quale è membro anche Ursula von der Leyen.
Il dossier, complice una crisi dell'auto dai risvolti potenzialmente drammatici, a Bruxelles è caldissimo. In queste ore si stanno intensificando i contatti tra le istituzioni Ue e le case automobilistiche per avviare "quanto prima" il dialogo strategico sul futuro dell'automotive annunciato dalla presidente della Commissione nel suo intervento programmatico in Plenaria. Il cronoprogramma non è stato ancora messo a punto e non si esclude che il dialogo strategico, così come è accaduto per l'agricoltura, non sia guidato da una personalità ad hoc scelta da von der Leyen. Quel che è certo è che la presidente vuole agire in prima persona sul dossier, forte anche del fatto che a gennaio è prevista la presentazione della cosiddetta Bussola della Competitività, ovvero della proposta di Palazzo Berlaymont per rilanciare l'industria europea.
E' in questo contesto che si inserisce lo scontro sul regolamento delle auto a emissioni zero. L'ipotesi di una marcia indietro "non è una cosa che stiamo prendendo in considerazione e direi che non è una cosa che praticamente nessuno sta prendendo in considerazione", ha sottolineato Ribera parlando nel corso della visita - assieme al collega con delega all'Industria Stephane Séjourné - alla sede dell'ArcelorMittal di Gent. Ma la posizione finale della Commissione potrebbe essere meno tranchant, con un primo compromesso che, nei corridoi comunitari, viene reputato percorribile: quello di congelare per il 2025 le sanzioni che scatteranno dal prossimo anno per chi non si adegua ai primi target di riduzione del 15% delle emissioni per i nuovi veicoli.
Scongiurare le multe salate ai produttori di auto - che potrebbero pesare fino a 15 miliardi di euro - è una delle richieste che a Bruxelles è arrivata dall'Italia e dalla Repubblica Ceca, formalizzata in un documento informale ('non paper') sostenuto anche da Austria, Bulgaria, Romania, Slovacchia e Polonia. Nel documento i 7 Paesi Ue chiedono, innanzitutto, di anticipare all'inizio del 2025 la revisione prevista dal regolamento per intervenire con urgenza e per creare le giuste condizioni per centrare l'obiettivo finale del 2035. Un punto, su questo, sul quale Roma è pronta a lottare fino all'ultimo, forte anche della sponda dei Popolari, che proprio mercoledì voteranno in assemblea un documento abbastanza in linea con quello italiano. "Lavoreremo per fare in modo che la transizione ecologica torni a camminare di pari passo con la sostenibilità economica e sociale", ha assicurato Meloni. E già giovedì, a Bruxelles se ne tornerà a parlare, visto che il non-paper italiano dovrebbe finire sul tavolo del Consiglio Ue ai Trasporti al quale parteciperà Matteo Salvini. "La scadenza del 2035" per i motori a diesel e benzina "è una follia", ha tuonato il leader della Lega. 

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