Il vincolo di destinazione dei proventi delle sanzioni amministrative per le infrazioni al Codice della Strada, così come previsto dall'articolo 208 dello stesso CdS è largamente disatteso dai Comuni italiani, che non li investono nel miglioramento della sicurezza urbana. È quanto emerge da un'inchiesta di Quattroruote che nel nuovo fascicolo di settembre pubblica una inchiesta che si è basata sull'attento esame della rendicontazione di 106 comuni capoluogo italiani.
Uno dei casi più eclatanti è quello di Roma che si posiziona al quarto posto in questa classifica delle 'inadempienze' nel rispettare il vincolo di destinazione dei proventi delle sanzioni amministrative per le infrazioni al Codice della Strada. A fronte di 165 milioni di ricavi dalle contravvenzioni (esclusi i 7 milioni e mezzo provienienti da autovelox) - spiega Quattroruote - l'anno scorso la Capitale ne ha reinvestiti in infrastrutture, segnaletica, manutenzione stradale e controlli di polizia soltanto il 34%.
Una percentuale bassa se si considera che la legge impone l'impiego minimo del 50% degli introiti. Peggio di Roma solo le città di Rovigo, Isernia e Lecco. In molti casi poi l'inchiesta di Quattroruote dimostra che oltre a non raggiungere il minimo richiesto dalla legge alcuni capoluoghi fanno rientrare sotto la voce 'sicurezza urbana' voci di spesa differenti come luce e riscaldamento, abbonamenti vari e sostituzioni dell'arredamento degli uffici riducendo ancora di più l'effettivo investimento dovuto.
Ricavi multe, disatteso l'obbligo di investirli per la sicurezza
Inchiesta di Quattroruote, nel 2023 a Roma usato soltanto il 34%