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Tumore al polmone avanzato, terapia mirata riduce il rischio di progressione o morte dell'84%

In pazienti con mutazione Egfr. Nuovo studio sull'immunoterapia

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Redazione Ansa

Contro il tumore del polmone in stadio avanzato, particolarmente insidioso poichè manca ad oggi una terapia mirata, arriva una nuova opportunità di trattamento. Un passo avanti importante per migliaia di pazienti: la terapia target con la molecola osimertinib ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte dell'84% in soggetti con carcinoma polmonare non a piccole cellule (Nsclc) di stadio III non operabile e con mutazione genica Egfr. Lo dimostra lo studio di fase III 'Laura' presentato in sessione plenaria al congresso dell'American society of clinical oncology (Asco) ed i cui risultati sono contemporaneamente pubblicati sul New England Journal of Medicine.

Sempre all'Asco è stato presentato anche un secondo studio, 'Adriatic', che evidenzia l'efficacia della molecola immunoterapica durvalumab nel tumore del polmone a piccole cellule di stadio limitato, riducendo il rischio di morte del 27%. Novità rilevanti per pazienti che attualmente non dispongono di molte armi terapeutiche. Per questo, lo studio Laura - che ha arruolato 216 pazienti in più di 145 centri di oltre 15 Paesi, tra cui Stati Uniti, Europa, America del Sud e Asia, e che è in corso - è considerato un avanzamento significativo: osimertinib è infatti una terapia mirata (inibitore di Egfr) in grado di prolungare la sopravvivenza libera da progressione di malattia di più di tre anni. Nei pazienti con Nslc e mutazione Egfr, dopo la chemio-radioterapia, il farmaco ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte dell'84% rispetto a placebo: la sopravvivenza libera da progressione è risultata pari a 39,1 mesi rispetto a 5,6 mesi nei pazienti trattati con placebo.

Parla di "straordinari risultati di sopravvivenza" Filippo de Marinis, direttore della Divisione di Oncologia Toracica dell'Istituto Europeo di Oncologia (Ieo): "Osimertinib ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte dell'84%, un risultato senza precedenti. Sulla base di questi dati, dovrebbe diventare il nuovo standard di cura per questi pazienti". Importanti anche i risultati dello studio Adriatic, effettuato su 730 pazienti in 164 centri di 19 Paesi dell'America del nord e del sud, Europa e Asia: il 57% dei pazienti trattati con l'immunoterapia durvalumab è vivo a tre anni rispetto al 48% dei pazienti trattati con placebo.

"Era da oltre 40 anni che non assistevamo a cambiamenti nello standard della terapia sistemica del tumore del polmone a piccole cellule di stadio limitato - spiega de Marinis -. Adriatic è il primo studio a evidenziare progressi con l'aggiunta dell'immunoterapia dopo la tradizionale chemio-radioterapia in questi pazienti. I risultati rappresentano una svolta per questa malattia altamente aggressiva, in cui i tassi di recidiva sono elevati, con solo il 15-30% dei pazienti vivo a cinque anni". I risultati degli studi Laura e Adriatic "evidenziano come le terapie innovative possano davvero cambiare le prospettive di cura dei pazienti", afferma Silvia Novello, ordinario di Oncologia medica all'Università di Torino e responsabile Oncologia Medica all'Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano. Più di un paziente su sei con tumore Nsclc, ricorda, "riceve la diagnosi di malattia di Stadio III non resecabile e circa il 15% presenta la mutazione di Egfr. Dall'altro lato, il tumore del polmone a piccole cellule finora ha ricevuto meno attenzione rispetto ad altre neoplasie, anche a causa dello stigma sociale, riconducibile alla storia di tabagismo nella maggioranza dei pazienti. Il notevole miglioramento di sopravvivenza globale osservato con durvalumab dopo chemio-radioterapia concomitante è in grado di trasformare il trattamento della malattia anche nello stadio limitato, dopo gli importanti risultati già dimostrati dall'immunoterapia nello stadio esteso".

Ogni anno, in Italia, sono circa 44mila i nuovi casi di tumore del polmone e per l'80-85% si tratta di tumore al polmone non a piccole cellule. La mutazione del gene Egfr è presente in circa il 20% dei casi. In totale, dunque, i pazienti che nel nostro Paese sono colpiti da tumore al polmone Nsclc con la mutazione del gene Egfr sono circa 6mila ogni anno. Il tumore del polmone a piccole cellule (microcitoma), invece, rappresenta il 15% del totale delle nuove diagnosi di carcinoma polmonare. 
   

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