E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il terzo decreto attuativo relativo alla legge sull'oblio oncologico che, in questo caso, disciplina il procedimento per le adozioni. Il decreto prevede che l'ex paziente oncologico presenti al tribunale un certificato dell'azienda sanitaria che confermi il fatto che il soggetto rientra nei termini per lo stesso oblio, in quanto soggetto guarito poichè trascorso il periodo previsto per legge dalla fine dei trattamenti. Un altro "importante passo avanti" secondo il presidente dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), Franco Perrone, che "consolida una legge di civiltà, quella sull'oblio, tutelando al contempo in questo caso i diritti dei minori che verranno adottati".
I soggetti che presentano domanda di adozione a qualsiasi titolo, si legge nel decreto 'Disposizioni in materia di oblio oncologico in relazione alle adozioni', "se sono stati pazienti oncologici e sono decorsi i termini previsti dall'art. 22, comma 4, secondo periodo, della legge 4 maggio 1983, n.184, forniscono alla Azienda sanitaria che svolge le indagini demandate dal tribunale a seguito della domanda di adozione il certificato di 'oblio oncologico' previsto dal decreto del ministro della salute adottato ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 7 dicembre 2023, n.
193. Se i termini previsti dal medesimo art. 22, comma 4, secondo periodo, della legge n. 184 del 1983 maturano dopo la conclusione delle indagini da parte dell'azienda sanitaria, il certificato di 'oblio oncologico' e' depositato al tribunale al quale e' stata presentata la domanda di adozione".
Un ex paziente oncologico che voglia adottare un bambino "deve presentare un certificato di oblio oncologico al tribunale, attraverso l'azienda sanitaria. Lo prevede il terzo decreto attuativo alla legge sull'oblio oncologico e ritengo che sia un giusto procedimento". E' il commento del presidente della Associazione di italiana di oncologia medica (Aiom), Francesco Perrone, in questi giorni a Barcellona per partecipare al Congresso della Società europea di oncologia medica (Esmo).
"E' giusto, in questo caso - afferma - che si richieda un certificato che provi che la persona è nell'oblio oncologico, ovvero che è passato il tempo stabilito dalla legge affinché la persona stessa si possa dichiarare guarita. Nel caso dell'adozione, infatti, ci sono due diritti da tutelare: quello all'oblio da parte dell'ex paziente e il diritto alla tutela per il minore che viene adottato. In questo senso è un procedimento di civiltà". In questo modo, rileva, "si completa l'iter per la legge sull'oblio oncologico, che è una legge di civiltà che ha l'obiettivo di eliminare ogni discriminazione rispetto agli ez pazienti oncologici, anche rispetto al diritto all'adozione". In ogni caso, ha precisato Perrone, "va precisato che solo due categorie di ex pazienti hanno bisogno del certificato: chi vuole adottare e coloro che hanno in essere contratti assicurativi o bancari in cui sono state applicate clausole peggiorative a causa delle precedente malattia oncologica".