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SPECIALE ESMO - Tumore alla vescica, vantaggi con l'immunoterapia pre e post chirurgia

Ridotto del 32% il rischio di recidiva e del 25% il rischio di morte. Il fumo tra i fattori di rischio

Un nuovo microscopio ottico permette di osservare la composizione chimica dei campioni (fonte: Pexels)

Redazione Ansa

Sono 29.700 i casi di tumore alla vescica registrati nel 2023 in Italia. Un tumore aggressivo che prevede, come trattamento standard, la chemioterapia pre-operatoria e l'intervento chirurgico. Un nuovo studio presentato al congresso della Società europea di oncologia medica (Esmo) ha però dimostrato notevoli vantaggi somministrando l'immunoterapico durvalumab prima e dopo l'intervento chirurgico: nel tumore della vescica muscolo-invasivo questo regime di trattamento, definito perioperatorio, ha infatti ridotto del 32% il rischio di recidiva e del 25% il rischio di morte rispetto alla sola chemioterapia. Lo dimostra lo studio di fase III Niagara su 1063 pazienti, contemporaneamente pubblicato su The New England Journal of Medicine.
    I pazienti sono stati trattati con durvalumab in combinazione con la chemioterapia neoadiuvante prima della cistectomia radicale (chirurgia per la rimozione della vescica) e poi con durvalumab come monoterapia dopo l'intervento. I pazienti trattati con il regime perioperatorio con durvalumab mostrano una riduzione del 32% del rischio di progressione di malattia, di recidiva, di non completare la chirurgia prevista o di morte rispetto al braccio di confronto. Si stima inoltre che il 67,8% dei pazienti trattati con il regime durvalumab fosse libero da eventi a due anni, rispetto al 59,8% del braccio di confronto e l'82,2% è vivo a due anni rispetto al 75,2% del braccio di confronto. Lo studio Niagara "dimostra che l'aggiunta dell'immunoterapia con durvalumab, prima e dopo la chirurgia, può rappresentare una strategia innovativa, in grado di cambiare la pratica clinica per i pazienti con tumore uroteliale della vescica infiltrante operabile - afferma Lorenzo Antonuzzo, direttore della Struttura Complessa di Oncologia Clinica all'Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze -. E' il primo studio registrativo in cui un regime immunoterapico, prima e dopo l'intervento chirurgico, prolunga la sopravvivenza in questa patologia".
    "Il trattamento standard, per circa 20 anni, è stato costituito dalla chemioterapia neoadiuvante seguita dalla chirurgia, ma la metà dei pazienti va incontro a recidiva o progressione di malattia, per cui resta un bisogno clinico ancora insoddisfatto - sottolinea Massimo Di Maio, presidente eletto Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) -. Va anche sottolineato che il nuovo regime chemio-immunoterapico è ben tollerato e sicuro". Il tumore della vescica è uno dei più frequenti. È una neoplasia "subdola spiega Di Maio - perché nelle fasi iniziali può essere del tutto asintomatica. I primi segni d'allarme sono sintomi urinari, ad esempio difficoltà a urinare e minzioni frequenti, e la presenza di ematuria, cioè sangue nelle urine. Il principale fattore di rischio è il fumo di sigaretta, a cui si aggiunge l'esposizione professionale a determinate sostanze cancerogene, come ammine aromatiche e nitrosamine". Fondamentale, concludono gli oncologi, "è anche, dunque, puntare sulla prevenzione e incentivare le campagne antifumo. Ciò anche a fronte di un numero crescente di donne fumatrici per cui, nei prossimi anni, ci attediamo un possibile aumento di questa neoplasia nella popolazione femminile".
   

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