"Il kit farmaceutico non è la soluzione" di fronte al fatto che in Italia un quarto delle persone sieropositive viventi non sanno di essere state infettate dal virus HIV e che gran parte delle persone che ricevono una diagnosi di AIDS scoprono solo in quel momento di essere sieropositivi". E' secco il commento di Vittorio Agnoletto, già componente della Commissione Nazionale per la Lotta contro l'Aids, sull'arrivo in Italia del test per l'autodiagnosi dell'Hiv.
"Il test - afferma - che è uno strumento importante, va fatto al momento e nel contesto giusto". Secondo Agnoletto il test 'fai da te' comporta diversi rischi. Il test va fatto considerando che esiste il 'periodo finestra'. "Gli anticorpi che indicano l'avvenuta infezione - spiega - si manifestano dopo un periodo che può variare da circa 3 settimane fino a 3 mesi dopo l'infezione", quindi occorre rispettare questo intervallo dalla presunta infezione per fare il test altrimenti si rischia di risultare sieronegativi anche se si è si stati infettati. Inoltre "un risultato di sieropositività scoperto nella solitudine della propria stanza - continua - può innescare reazioni di depressione e di disperazione che in assenza di un sostegno psicologico possono potenzialmente condurre fino ad atti di autolesionismo".
E conclude: "è difficile pensare che le migliaia di persone che non si recano presso gli ambulatori del Servizio Sanitario per sottoporsi gratuitamente al test scelgano di entrare in farmacia e pagare 20 euro per acquistare il kit. Ciò che invece sarebbe fondamentale è una campagna nazionale duratura e continua che spinga i cittadini a sottoporsi al test quando ritengono di poter essere venuti in contatto con il virus".