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Coronavirus: Rezza, il virus morirà a giugno? Non credo

'Alcuni colleghi hanno dono preveggenza, se succederà faremo festa'

Giovanni Rezza, direttore Dipartimento Malattie Infettive Istituto Superiore di Sanità

Redazione Ansa

"Se ci sono colleghi stimati che hanno dono della preveggenza, benissimo. Se morirà a giugno faremo una grande festa". Così Giovanni Rezza, direttore dipartimento malattie infettive dell'Istituto Superiore di Sanità (Iss), durante la trasmissione Agorà, su Rai Tre, risponde commenta le affermazioni di colleghi che prevedono che il virus a giugno sarà morto.

"Anche io vorrei che scomparisse ma non credo questo sogno possa realizzarsi molto presto. Dobbiamo quindi raddoppiare, triplicare gli sforzi per arginarne la diffusione". Lo stato d'animo nel primo giorno della Fase 2, riassume, è di "preoccupazione". "Se da una parte c'è bisogno di riaprire il Paese, vediamo anche che questo virus sta ancora circolando". "I cittadini, quindi, - aggiunge Rezza - devono aver comportamenti responsabili: distanziamento, lavaggio delle mani, mascherine in luoghi pubblici. Dall'altra parte la sanità pubblica deve esser pronta a intercettare a livello territoriale un possibile ritorno in campo del virus".

Il direttore ha poi fatto sapere che lo studio con gli anticorpi presenti nel plasma dei guariti utilizzata in via sperimentale contro il Covid in alcuni ospedali, come a Mantova, "sta dando apparentemente risultati promettenti", "attendiamo con ansia e speranza prove scientifiche di efficacia". 

La plasmaterapia, ha spiegato, è un metodo che "si pratica da tempo, con successi alterni, è stato usato anche per Ebola. Ma non è un semplicissimo: bisogna trovare donatori, che hanno superato la malattia e sono convalescenti, perché hanno molti anticorpi". "Difficilmente può esser praticato su larghissima scala perché prende tempo, ma può dar vita a altre forme di trattamento, come gli anticorpi monoclonali. Perché gli anticorpi che proteggono nella plasmaterapia possono essere prodotti in laboratorio, dando meno effetti collaterali e rendendone possibile un utilizzo su larga scala".

"Per evitare un secondo lockdown  che sarebbe un disastro per il Paese - ha aggiunto Rezza - dobbiamo mantenere comportanti responsabili e agire tempestivamente nel contenere i focolai sul territorio. Convivere col virus significa anche continuare a combatterlo".

L'aumento delle terapie intensive era "un atto dovuto, ma il fatto di averne di più ora non significa che dobbiamo riempirle. La Germania che ne ha molti più di noi, ma fa in modo che le persone non ci arrivino. Per farlo serve un grande lavoro sul territorio", ovvero "individuare casi, rintracciare contatti, testarli anche da asintomatici".

Rispetto alla diversità regionali nelle riaperture: "Un provvedimento nazionale serve" ma "adattamenti a livelli regionali di un provvedimento nazionale sono la cosa più giusta" e ci sono "sempre stati in questo paese".
   

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