(di Manuela Correra)
Un nuovo algoritmo potrebbe indicare la cura su misura per le donne con tumore al seno. La scoperta è dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, che ha identificato un modello di previsione del rischio individuale di metastasi per personalizzare le terapie. I risultati dello studio, sostenuto da Fondazione AIRC, sono stati presentati al congresso della Società americana di oncologia clinica (ASCO), dove buone notizie arrivano anche sul fronte delle cure con nuovi dati dio efficacia dell'immunoterapia.
Il modello creato dell'Ieo, affermano i ricercatori, potrebbe diventare una guida per gli oncologi, per orientare le scelte terapeutiche paziente per paziente, evitando sia il 'sovra' che il sotto-trattamento nelle terapie post-chirurgiche, e si basa sulla combinazione del predittore genomico, ovvero un gruppo di geni che forma una 'firma molecolare', con due parametri clinici:stato dei linfonodi e dimensione del tumore.
Il risultato è stato eccellente: testato su oltre 1800 pazienti arruolate allo Ieo, il modello ha dimostrato che la sua capacità di stimare il rischio recidiva entro 10 anni dalla diagnosi è superiore rispetto ai parametri clinico-patologici comunemente utilizzati. Il biomarcatore StemPrintER è il primo e tuttora l'unico strumento capace di indicare il grado di "staminalità" presente nel tumore mammario primario, vale a dire il numero e l'aggressività delle cellule staminali del cancro.
I risultati del "nostro studio rappresentano un ulteriore passo verso l'obiettivo che perseguiamo da anni: dare a ciascuna paziente la terapia migliore per lei e per la sua malattia - afferma Paolo Veronesi, direttore del Programma di Senologia IEO e Professore Associato all'Università degli Studi di Milano -. Grazie all'approccio multidisciplinare ed alla stretta interazione tra ricerca e clinica, la medicina personalizzata sta finalmente diventando una realtà anche per il tumore della mammella".
Ma dall'Asco, nuove speranze arrivano pure sul fronte delle terapie. Per il tumore del seno triplo negativo, il farmaco immuniterapico pembrolizumab - che mira a risvegliare il sistema immunitatrio contro il cancro - in combinazione con la chemioterapia, ha ridotto del 35% il rischio di progressione della malattia.
Lo dimostrano i dati dello studio di fase 3 KEYNOTE-355. Ogni anno in Italia circa 8.000 donne ricevono la diagnosi di tumore della mammella triplo negativo (il 15% del totale delle diagnosi di carcinoma mammario), la forma più aggressiva e difficile da curare. L'immunoterapia sta ora aprendo prospettive importanti per queste pazienti.
Ma ad avere un peso sempre maggiore, come dimostrano le ultime evidenze scientifiche, è anche la dieta. Un grande studio americano che ha seguito in follow up migliaia di donne per oltre 10 anni, presentato al congresso, ha dimostrato che un maggiore introito di proteine vegetali è associato ad un rischio significativamente più basso di cancro al seno e anche ad un minor rischio di morte dopo il tumore al seno.
Al contrario, un introito maggiore di proteine animali è risultato associato ad un rischio significativamente più alto di incidenza di cancro alla mammella, ma non di mortalità.
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