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Disturbo bipolare, il pessimismo predice le ricadute

Studio a guida italiana, utile per intervenire tempestivamente

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 13 NOV - La tendenza ad avere una visione pessimistica del futuro predice quando un soggetto con disturbo bipolare avrà una ricaduta. E' il risultato di uno studio condotto anche dall'Università di Parma e pubblicato sulla rivista eLife. La ricerca è stata condotta da Paolo Ossola (primo autore) e Carlo Marchesi, rispettivamente ricercatore e docente di Psichiatria al Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell'Ateneo, da Tali Sharot, docente di Neuroscienze cognitive al Dipartimento di Psicologia Sperimentale dell'University College London e da Neil Garrett, ricercatore al Dipartimento di Psicologia Sperimentale dell'Università di Oxford. I risultati potranno fornire un utile strumento ai clinici per capire quando il paziente avrà un nuovo episodio della malattia e intervenire tempestivamente. Il disturbo bipolare è caratterizzato dal susseguirsi di episodi di espansione (mania) e depressione, intervallati da fasi asintomatiche definite eutimia. Periodi più brevi di eutimia si associano ad una maggior disabilità, ad un maggior rischio di disoccupazione, ricoveri ospedalieri e rischio suicidario. Tuttavia, gli strumenti a disposizione dei clinici finora si sono dimostrati insufficienti nel predire quando un paziente da .disturbo bipolare avrà un nuovo episodio.
    Il gruppo di ricerca ha testato 36 persone affette da disturbo bipolare, monitorandone l'umore per 5 anni. Nell'esperimento ai partecipanti venivano mostrati 40 eventi di vita avversi quali perdere il portafoglio o avere la carta di credito clonata.
    Veniva quindi chiesto quanto fosse probabile che questo evento succedesse a loro. In un secondo momento i soggetti a volte ricevevano notizie positive, a volte negative. Le analisi hanno mostrato che i soggetti che cambiano maggiormente le loro credenze in risposta a informazioni positive rispetto a quelle negative, e più ottimisti, rimanevano in eutimia più a lungo.
    Questo era vero sia per ricadute maniacali che depressive e l'associazione rimaneva anche considerando altri fattori come l'età, la terapia psicofarmacologica e la durata di malattia.
    (ANSA).
   

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