La somministrazione di cellule staminali autologhe (autotrapianto di cellule staminali) ad un paziente con forma clinica severa di polmonite interstiziale bilaterale da SARS-CoV2, prima del ricovero ospedaliero, e a più riprese nelle quattro settimane successive alla sua dimissione dall'ospedale, ha contribuito a determinare non solo una veloce negativizzazione all'esame del tampone molecolare, ma anche una totale regressione delle lesioni polmonari bilaterali a soli 40 giorni di distanza dall'esordio della malattia.
Il caso viene raccontato in un razionale pubblicato sulla rivista scientifica Applied Sciences, primo autore il presidente della Società Scientifica Sis 118 Mario Balzanelli. A breve le risultanze di questo 'case report' saranno presentate alla comunità scientifica internazionale.
L'autotrapianto di cellule staminali è stata effettuata in Italia per la prima volta in un Punto di Primo intervento del SET 118.
"In questa prospettiva, riteniamo che il plasma possa porsi come formidabile arma in più da utilizzare nella strategia integrata di contrasto sia alla COVID-19, sopratutto se in fase clinica severa, sia alla sindrome post-COVID (o Long Covid), particolarmente al fine di evitare completamente o ridurre la massimo la fibrosi polmonare residua, e quindi il pesantissimo danno d'organo permanente che tende a tradursi, con comparsa variabile nel tempo, nella insufficienza respiratoria cronica", ha spiegato all'ANSA Balzanelli. "Non ci riferiamo, in questo caso, al plasma eterologo, ossia al plasma donato da un altro soggetto - ha aggiunto - la risposta, peraltro immediatamente disponibile e a costo zero, è data dal plasma autologo, ossia dal plasma dello stesso soggetto che si rende necessario curare in emergenza per una forma clinica grave di COVID-19". In sostanza, il plasma, in questo caso, non viene utilizzato quale veicolo di anticorpi anti SARS-CoV2, come già avviene nella logica di somministrazione del plasma eterologo, ma come veicolo 'terapeutico' di cellule staminali autologhe, ossia appartenenti allo stesso soggetto malato. (ANSA).
"Nel nostro plasma - ha continuato Balzanelli - sono contenute centinaia di migliaia di cellule staminali 'dormienti' che, in seguito ad attivazione in tempi molto brevi con molecole specifiche, processo che viene effettuato, in seguito a prelievo ematico, all'esterno dell'organismo, si attivano, si risvegliano e, una volta reiniettate sotto cute nel soggetto da cui provengono, attuano sin da subito, gestite dal sistema neuro-endocrino-immunitario dell'organismo stesso, la propria azione terapeutica" Il primo autore dello studio ha sottolineato quindi che "La SIS 118 solleva l'attenzione sul possibile e determinante ruolo terapeutico delle cellule staminali nella gestione in acuto del paziente critico COVID-19, sia a livello ospedaliero, nelle forme cliniche severe, sia a livello domiciliare, nelle forme oligosintomatiche, specie quando relative a categorie di soggetti positivi a maggior rischio, quali gli anziani".
E ha concluso: "Le cellule staminali, peraltro contenute nei bambini in misura di molto superiore rispetto agli adulti, motivo per cui riteniamo i bambini siano notevolmente più protetti rispetto agli adulti dalle conseguenze più gravi della COVID-19 (M.G. Balzanelli et al: Mesenchymal Stem Cells: The Secret Children's Weapons against the SARS-CoV-2 Lethal Infection, Appl. Sci 2021, 11, 1696.https://doi.org/10.3390/app11041696), rappresentano - a nostro parere - armi rivoluzionarie in grado di contrastare efficacemente la cascata immuno-infiammatoria sistemica che caratterizza le forme cliniche più severe della COVID-19, di modulare la stessa in senso anti-infiammatorio nonché di attivare e regolare direttamente la riparazione "massiva" delle cellule, dei tessuti, degli organi danneggiati tra cui, al primo posto, il polmone". (ANSA).