In Italia l'ictus è la prima causa di disabilità con 185mila persone colpite ogni anno, e in Europa grava sui bilanci dei sistemi sanitari con costi stimati fino a 60 miliardi di euro. Con lo Stroke Action Plan for Europe è ora richiesta una maggiore attenzione alla diagnosi precoce e post-evento entro il 2030. A sottolinearlo è l'Associazione Italiana Ictus (Aii) che rinnova il suo invito al miglioramento degli stili di vita nella popolazione.
"L'ictus colpisce nel 95% dei casi persone sopra i 45 anni, non è una malattia degli anziani come erroneamente si pensa - spiega Mauro Silvestrini, presidente Isa-Aii -. In Italia ci sono circa 913mila pazienti sopravvissuti, molti di loro con esiti invalidanti. Siamo al lavoro per aumentare l'attenzione al post-evento, con l'obiettivo di permettere il recupero delle disabilità, ma è fondamentale insistere sull'importanza della prevenzione". La prevenzione primaria è oggi tra gli obiettivi principali, sottolinea Paola Santalucia, presidente eletta Isa-Aii: "Per diffondere l'importante dei corretti stili di vita è necessaria una forte operazione di sensibilizzazione sui fattori di rischio correggibili. Per esempio, per ridurre la possibilità di ictus è fondamentale smettere di fumare, non consumare eccessivo alcool, mantenere un'alimentazione equilibrata e fare movimento. A favorirne l'insorgenza sono inoltre numerose condizioni e patologie, tra cui ipertensione, obesità, diabete mellito e diverse malattie cardiache".
La European Stroke Organisation nel 2018 ha dato il via al progetto Stroke Action Plan for Europe, un Piano con l'obiettivo di raggiungere entro il 2030 dei risultati concreti in termini di miglioramento dell'assistenza all'ictus, di prevenzione, di gestione dell'evento acuto e di assistenza ai pazienti con disabilità post-evento, aggiunge Simona Sacco, presidente eletta della European Stroke Organisation: "Chiediamo ai Governi dei vari Paesi di sottoscrivere un documento di impegno per garantire i servizi essenziali e di monitorare come questi servizi vengono messi in atto nelle varie zone. Oggi la Dichiarazione è stata firmata da 10 Paesi in tutta Europa e si spera - conclude - che l'Italia possa aderire a breve, come gesto di vicinanza e impegno formale delle istituzioni".