Per far capire al sistema immunitario di una persona in attesa di trapianto che l'organo che sta per arrivare non è un ospite indesiderato potrebbe bastare la somministrazione di un mix di 'messaggeri biologici' qualche giorno prima dell'intervento. È la strategia messa a punto da ricercatori dell'University of Pittsburgh che in futuro potrebbe consentire di sospendere i farmaci immunosoppressori. La tecnica, che è stata illustrata su Science Translational Medicine, è però soltanto ai primissimi stadi di sviluppo.
Il rigetto è una delle principali complicazioni che possono insorgere dopo il trapianto: si verifica quando il sistema immunitario attacca il nuovo organo, riconoscendolo come estraneo. I farmaci immunosoppressori riducono le probabilità di rigetto, tuttavia l'uso prolungato può avere seri effetti collaterali.
I ricercatori americani hanno sperimentato una strategia anti-rigetto innovativa in 15 persone che stavano per sottoporsi a trapianto di fegato da donatore vivente. Circa una settimana prima del trapianto hanno somministrato al ricevente un preparato contenente alcune cellule immunitarie, definite cellule dendritiche regolatorie, estratte dal donatore. Queste cellule svolgono un ruolo importante nell'istruire il sistema immunitario a riconoscere gli aggressori esterni.
Dopo questa procedura, il trapianto ha seguito l'iter e il decorso consueti e i pazienti hanno assunto i farmaci immunosoppressori. I test un anno dall'intervento hanno mostrato che, rispetto al gruppo di controllo, i pazienti avevano una riduzione dei marcatori che indicano la propensione del sistema immunitario ad aggredire l'organo trapiantato. In test sugli animali, quando si presentava questa caratteristica è stato possibile interrompere gli immunosoprressori.
La ricerca ora andrà avanti per verificare se, dopo la procedura, anche nell'uomo la sospensione dei farmaci non comporta un aumento del rischio di rigetto.