Contro il tumore del seno in stadio precoce con mutazione del gene Brca, l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità della molecola olaparib che, nella terapia mirata, riduce del 42% il rischio di recidiva. Si tratta, affermano gli esperti, di un grande passo avanti contro le forme ereditarie del tumore della mammella, in particolare in presenza di mutazione dei geni Brca.
L'Aifa ha approvato la rimborsabilità di olaparib in monoterapia o in associazione con la terapia endocrina per il trattamento adiuvante, cioè successivo all'intervento chirurgico, di pazienti adulti con cancro della mammella allo stadio iniziale ad alto rischio, precedentemente trattati con chemioterapia. "Cambiano radicalmente le prospettive di cura per le pazienti con una specifica forma ereditaria di carcinoma mammario, cioè per le donne con mutazione di uno o entrambi i due geni denominati Brca1 e Brca2 - spiega Michelino De Laurentiis, Direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare, Istituto Nazionale Tumori Ircss Fondazione Pascale di Napoli -. In presenza di una mutazione Brca, il tumore della mammella tende a manifestarsi in una popolazione più giovane rispetto all'età media di diagnosi. La maggior parte di questi tumori, quando identificati in fase precoce, guarisce.
Non tutti però e una parte presenta un rischio più elevato. Da qui la necessità di nuovi strumenti di cura efficaci". Nel 2022, in Italia, sono stati stimati 55.700 nuovi casi di carcinoma mammario. La presenza di una mutazione Brca si rileva in circa il 5% delle pazienti. Olaparib è già rimborsato nel nostro Paese per il trattamento di pazienti con cancro della mammella localmente avanzato o metastatico triplo negativo, con mutazioni germinali di Brca. "Ora è possibile offrire i benefici di olaparib in un setting più precoce, per contribuire a ridurre il rischio di ricadute potenzialmente letali - afferma Laura Cortesi, Responsabile della Struttura di Genetica Oncologica al Dipartimento di Oncologia dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena -. Il test per le mutazioni Brca va eseguito al momento della diagnosi ed è fondamentale sia per permettere alle pazienti di accedere a una terapia personalizzata efficace e in grado di garantire una buona qualità di vita, sia per informare i familiari su un'eventuale predisposizione genetica allo sviluppo della malattia".
“Anche l’approccio chirurgico è influenzato dall’esito del test genetico – spiega Corrado Tinterri, Responsabile Unità Operativa di Senologia e Direttore della Breast UNIT all’Humanitas University, IRCCS Humanitas Research Hospital di Rozzano, Milano -. Una buona qualità di vita non dipende solo dalla sopravvivenza o dalla preservazione della mammella, ma anche dalla possibilità di non dover rivivere l’esperienza della malattia. Alle donne che presentano la mutazione BRCA deve essere spiegato il rischio che ci sia una recidiva nel seno sottoposto a un intervento chirurgico conservativo, oppure nell’altra mammella. Il chirurgo deve valutare insieme alla paziente l’opzione della mastectomia bilaterale in modo personalizzato, così da offrire un trattamento condiviso".
Da tempo vi sono evidenze sul ruolo dell’alterazione delle due proteine BRCA non solo nel tumore della mammella, ma anche in quelli dell’ovaio e della prostata. “Conoscere lo stato mutazionale dei geni BRCA è molto importante sia per il paziente stesso, poiché permette, oltre alla cura, di definire il rischio di sviluppare altre neoplasie e di programmare una gestione clinica personalizzata, sia per iniziare il percorso familiare che permette l’identificazione di persone sane con mutazione BRCA, nelle quali impostare programmi per ridurre il rischio di sviluppare la neoplasia – sottolinea Emanuela Lucci Cordisco, Genetista Medico alla Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma e Ricercatore Universitario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore -. Il rischio di trasmissione dai genitori ai figli delle mutazioni nei geni BRCA è del 50%. Una mutazione di BRCA, ereditata dalla madre o dal padre, determina una predisposizione a sviluppare il tumore più frequentemente rispetto alla popolazione generale".