(ANSA) - PADOVA, 10 APR - Uno studio pubblicato su Nature ha
individuato il recettore dell'ingresso nelle cellule di uno dei
virus più tenuti, quello della febbre emorragica Crimea-Congo,
letale fino al 40% dei casi e che l'Oms considera una delle
malattie infettive di importanza prioritaria e dal potenziale
pandemico.
A renderlo noto è Cristiano Salata, professore di
Microbiologia e Virologia al Dipartimento di Medicina Molecolare
dell'Università di Padova, inserita nella rete del programma di
ricerca Inf-Act, progetto del Ministero dell'Università e della
Ricerca sul tema delle malattie infettive emergenti, finanziato
nell'ambito del Pnrr con 114,5 milioni di euro.
"La scoperta - spiega Salata - ha la potenzialità di cambiare
le strategie di contrasto di questa febbre emorragica:
conoscendo il modo in cui il virus interagisce con le proteine
per introdursi nella cellula, potremo scoprire come disattivare
il meccanismo. In pratica ora conosciamo la 'serratura' e la
'chiave' che il virus usa per infettare le cellule. È stato il
risultato di un'importante collaborazione internazionale, in cui
noi abbiamo contribuito consentendo l'identificazione del
recettore, recettore che poi si è dimostrato funzionare sia con
virus modello di laboratorio che con i virus isolati da
pazienti, sia con quelli isolati dalle zecche".
La febbre emorragica della Crimea-Congo è la seconda febbre
emorragica trasmessa da vettore più diffusa dopo la dengue. È
una patologia virale trasmessa dalle zecche del genere Hyalomma,
che infestano sia mammiferi e uccelli selvatici, sia capi di
bestiame. In Europa si sono registrati contagi su esseri umani
in Spagna e nei Balcani, mentre la Turchia è tra i principali
epicentri della malattia.
"In Italia - ricorda Salata - non si sono ancora registrati
casi di contagio sull'uomo, ma è considerato un paese ad alto
rischio di introduzione della malattia. Sebbene al momento non
siano state trovate zecche infettate, in Basilicata sono stati
individuati dei bovini che avevano gli anticorpi contro il
virus, suggerendo una circolazione del virus tra gli animali.
Questo ci ha spinto ad unire le forze tra vari enti appartenenti
ad Inf-Act per una ricerca più meticolosa del virus nel
territorio Italiano".
Il monitoraggio in basilicata è condotto tra il gruppo di
Salata dell'Università di Padova e quello di Domenico Otranto,
ordinario di malattie parassitarie degli animali all'Università
di Bari. Inoltre, con il supporto della rete degli Istituti
zooprofilattici si è estesa l'attività di monitoraggio anche al
Nord-Est. (ANSA).
Febbre Crimea-Congo, uno studio italiano scopre il recettore
Attivo il monitoraggio su bovini con anticorpi in Basilicata