(ANSA) - ROMA, 21 GIU - "Il nostro team nazionale studia
l'omeostasia del cervello, che indica una strada per capire
quali sono le reazioni che il cervello ha rispetto a degli
stimoli interni ed esterni, perché spesso si può potenziare una
reazione positiva e magari cercare di inibire una reazione
negativa, questo viene molto sfruttato in senso terapeutico con
i farmaci". Così Maurizio Taglialatela, ordinario di
farmacologia del Dipartimento di Neuroscienze dell'Università
Federico II, spiega il suo settore di ricerca nel progetto
"Mnesys" il "Cern italiano della ricerca sul cervello",
finanziato dal Pnrr con uno stanziamento di 115 milioni di euro,
che comprende oltre 200 progetti e 500 scienziati di 25 fra
atenei pubblici e privati, enti di ricerca e imprese ed è stato
presentato oggi a Napoli al "Primo Forum Nazionale Delle
Neuroscienze".
Taglialatela lavora sulla farmacologia su un progetto "che si
divide - spiega - in quattro settori, il nostro tema
fondamentale è l'epilessia, che è una delle patologie, come
sapete, neurologiche più incidenti e più frequenti. E' una
patologia che ha un picco nei bambini e un picco negli anziani:
nei bambini per problemi di carattere genetico e negli anziani
per problemi di carattere neurodegenerativo. Stiamo cercando di
trovare nuovi farmaci, cercare di fare innovazione da questo
punto di vista, identificare nuovi bersagli e potenzialmente
sintetizzare anche nuovi farmaci o riposizionare vecchi farmaci
su questi nuovi bersagli". Taglialatela lavora sulla ricerca in
una popolazione che crea anche gruppo umano sul tema: "si tratta
di malattie genetiche - spiega - che sono molto rare e che noi
studiamo con particolare intensità in una popolazione che noi
quotidianamente aiutiamo, insieme anche alla nascita di alcune
associazioni per i pazienti che prendono il nome appunto dal
gene che li coinvolge. Il nostro lavoro ha un aspetto molto
tecnico ma sentiamo anche quanto sia importante per i pazienti
identificarsi per le malattie rare, fare comunità con gli altri
che ne soffrono, così c'è un loro forte contributo sulla ricerca
con una estrema partecipazione da parte dei pazienti. Noi sono
il nostro riferimento per materiale biologico, per fare la
diagnosi, per impostare le loro terapie e loro cercano noi
perché magari si trovano ad essere confrontate con dei geni che
non conoscono ma che sono da affrontare". (ANSA).
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