Resta sempre una strada lunga e faticosa. Tuttavia, per le coppie che intraprendono un percorso di procreazione medicalmente assistita, oggi le probabilità di avere un bambino sono circa il 30% più alte rispetto a 10 anni fa.
La ricerca, che ha analizzato i dati relativi a 6.600 coppie che si sono sottoposte a percorsi di PMA nel centro Genera di Roma, ha rilevato che il tasso cumulativo di bambini nati a tre anni dall'inizio della procedura è passato dal 32% del 2010 al 42% nel 2020, con picchi fra il 70 e l'80% nelle donne under 38 che avessero una normale riserva ovarica. A ciò si accompagna il dimezzamento delle donne che hanno subito un aborto spontaneo (dal 12% a meno del 6%) e un calo delle donne con parto gemellare (dal 7,5% allo 0,5%).
A rendere possibili questi risultati sono stati i progressi nelle tecniche di fecondazione assistita, spiegano i ricercatori. In particolare, l'uso di terapie ormonali personalizzate; l'avanzamento dello sviluppo degli embrioni prodotti in laboratorio fino al 5-7° giorno; il congelamento dei gameti e degli embrioni prima di procedere con il trasferimento per avere tempo di ottimizzare le condizioni dell'utero; il test genetico pre-impianto; infine, l'adozione dell'approccio multiciclo, cioè l'idea che la Pma è un percorso le cui potenzialità spesso non si concretizzano in un solo tentativo ma, in media, in almeno tre.
"I progressi clinici e di laboratorio hanno migliorato l'efficacia e l'efficienza della fecondazione in vitro nel tempo, soddisfacendo anche il desiderio di pianificazione familiare", afferma il primo autore della ricerca Alberto Vaiarelli, ginecologo e coordinatore medico-scientifico del centro Genera di Roma. "Le tecnologie che abbiamo in serbo per il futuro e il miglioramento dei flussi di lavoro ci serviranno per raggiungere l'obiettivo di una riduzione dell'abbandono del trattamento da parte delle coppie".
Intanto dal congresso Eshre arriva un secondo studio condotto da ricercatori Genera che conferma che l'Intelligenza Artificiale è in grado di eguagliare gli operatori umani nel valutare le condizioni degli embrioni generati con Pma al fine della selezione dei più adatti all'impianto.
"Attualmente gli strumenti di intelligenza artificiale sono oggetto di studio per valutare se possano prevedere in modo non invasivo l'euploidia (lo stato di salute a livello cromosomico) degli embrioni, ma prima di poterli utilizzare in clinica avremo bisogno di ulteriori analisi", afferma il responsabile Ricerca del gruppo Genera Danilo Cimadomo, che è però cauto. Oggi "il test genetico pre-impianto è il miglior indicatore di competenza embrionale; non credo sia così prossimo il momento in cui possa essere sostituito da uno strumento di IA. Vedo più probabile, a breve termine, una cooperazione delle due tecnologie", conclude.
Fecondazione assistita, più successi con le nuove tecniche
In 10 anni +30% di bimbi. L'IA aiuta a valutare salute embrioni