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Violenza sulle donne, uno studio dell'Iss cerca le 'cicatrici' nel Dna

Le donne possono partecipare inviando un campione biologico

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 22 NOV - La violenza lascia cicatrici molecolari sul Dna delle donne che la subiscono: capire fino a che punto queste modifiche si estendano all'interno del genoma delle vittime e quanto durano i loro effetti nel tempo potrebbe essere la chiave per mettere in atto una prevenzione di precisione. È questo l'obiettivo di Epi-We (Epigenetics for Women), progetto di ricerca dell'Istituto Superiore di Sanità.
    Il progetto è ora entrato in una nuova fase e l'Iss sta invitando le donne a partecipare attraverso la donazione di un campione biologico. Chi volesse contribuire alla ricerca può contattare l'Iss all'indirizzo email epi_we@iss.it, ha ricordato l'Iss in vista della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne che si celebra lunedì 25 novembre. "Già 70 donne hanno risposto e aderito al progetto e alcune di loro si sono anche raccontate, hanno anche parzialmente descritto il tipo di violenza subita. Per noi, e per tutte le donne, è un grande risultato", dice Simona Gaudi coordinatrice di Epi-We ricercatrice del dipartimento Ambiente e Salute di Iss.
    Intanto, l'Iss continua con i corsi di formazione per contrastare e prevenire la violenza di genere, che hanno già raggiunto più di 18 mila operatori sanitari di tutti i 651 pronto soccorsi e oltre 2 mila del territorio. "Rilevare la violenza sulle donne che arrivano nei Pronto soccorso non è affatto un processo scontato, è necessario che il personale di salute abbia conoscenze, competenze e strumenti per farlo", afferma Anna Colucci, ricercatrice dell'Unità Operativa ricerca psico-socio-comportamentale, Comunicazione, Formazione dell'Iss.
    "Le donne che vivono situazioni di violenza sono di ogni età e appartengono a differenti contesti socio-culturali, spesso temono di rilevare quanto hanno subito per timore di ritorsioni da parte del maltrattante o di essere ritenute loro stesse, in qualche modo, responsabili della violenza, temono cioè quello che viene definito vittimizzazione secondaria", conclude Colucci. (ANSA).
   

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