All’inizio di Febbraio, il ministero della salute italiano ha pubblicato il Piano Nazionale di Contrasto all’Antibiotico-Resistenza (2022-2025), un documento di aggiornamento e rinnovo del precedente progetto che “nasce con l’obiettivo di fornire al Paese le linee strategiche e le indicazioni operative per affrontare l’emergenza dell’Antibiotico resistenza nei prossimi anni”. L’italia detiene il triste primato europeo di paese con il consumo più elevato di antibiotici e la quota maggiore di malattie e decessi causati da antibiotico resistenze (AMR) . Le infezioni da AMR sono infatti 200.000 su un totale di 670.000 in tutta l’Europa mentre i decessi da AMR in Italia sarebbero 10.000 su 33000 totali.
Ma cos’è l’antibiotico resistenza e perché dovercene preoccupare? Per antibiotico resistenza si intende la capacità di un batterio di resistere all'azione di uno o più farmaci antibiotici e quindi di sopravvivere e moltiplicarsi anche in loro presenza. Questo tipo di resistenza può essere sia innata (quando il batterio è naturalmente resistente ad un antibiotico), sia acquisita (quando un batterio diventa resistente all'azione di un farmaco antibiotico mediante modifiche al proprio patrimonio genetico). In questo modo, si selezionano specie batteriche sempre più resistenti, rendendo sempre meno efficaci i farmaci che utilizziamo per combattere le infezioni. Tra le cause che favoriscono l’evoluzione dei batteri, rientra l’impiego scorretto dei farmaci: Il 30% delle assunzioni di antibiotici in Italia sarebbe inappropriato, soprattutto in caso di influenza, raffreddore, faringite. L’automedicazione (così viene definita la scelta in autonomia di assumere un farmaco) non è però l’unico responsabile delle AMR; si può favorire la creazione di “super batteri” antibiotico-resistenti anche quando:
· non si rispettano gli intervalli di tempo tra una dose e l'altra:
· non si completa la cura
· si condividono con altre persone gli antibiotici rimasti inutilizzati
· si prendono antibiotici per curare infezioni virali contro cui sono inefficaci.
Tra i motivi di frequente automedicazione rientrano anche il dolore di origine dentaria e le infezioni orali. Queste sono spesso di origine batterica (si pensi che nel cavo orale sono presenti oltre 500 specie batteriche diverse), tuttavia, la loro organizzazione si basa sul cosiddetto “biofilm”, una struttura nella quale i batteri sono immersi in una matrice e protetti sia dalla risposta immunitaria che dagli
antibiotici. In queste condizioni l’effetto delle terapie farmacologiche spesso è ridotto, o assai limitato, richiedendo un dosaggio più alto e più prolungato. La visita in studio odontoiatrico, può invece consentire all’odontoiatra di attuare le procedure che riducono la carica batterica e rendono l’eventuale prescrizione dell’antibiotico più efficace. Primo consiglio, dunque: No al fai da te per gli antibiotici!
La responsabilità in vero non è solo dei pazienti; gli odontoiatri sono responsabili del 10% di tutte le prescrizioni di antibiotici a livello mondiale. Le indicazioni principali sono quella di prevenzione delle infezioni ( nel paziente a rischio, perché immunocompromesso, o per evitare la contaminazione delle ferite chirurgiche) o di limitare la diffusione delle infezioni in atto (con finalità terapeutiche). Per entrambe le finalità gli odontoiatri potrebbero ridurre le prescrizioni, ad esempio adottando tutti i protocolli di sterilizzazione e riduzione della contaminazione del campo operatorio o intervenendo con terapie odontoiatriche oltre che farmacologica, per la risoluzione delle urgenze.
L’assunzione non corretta degli antibiotici comporta spesso la risoluzione parziale dell’infezione, che è inoltre una della cause di recidiva (quindi del ritorno dell’infezione) oltre che dell’AMR. I pazienti a volte scelgono di assumere l’antibiotico come alternativa al consulto con l’odontoiatra e alla visita specialistica, rimandando la risoluzione del loro problema, e così contribuendo alla selezione di batteri super resistenti (alcune specie di Streptococco e di Stafilococco, ad esempio), con un rischio per sé e per la comunità tutta.
La parodontite, una malattia di origine batterica, nella quale si assiste ad una progressiva riduzione del sostegno dei denti, è un buon esempio di infezione orale nella quale la terapia antibiotica è, da sola, sostanzialmente inefficace. Gli antibiotici possono, in alcune forme particolarmente gravi, essere aggiunti alla terapia meccanica di rimozione della placca batterica e decontaminazione delle superfici dentarie, con la disgregazione del biofilm batterico e la riduzione della carica microbica. I tempi e i modi della prescrizione richiedono competenze specialistiche che devono ben valutare il rapporto rischio-beneficio, i possibili effetti collaterali e non ultimo il possibile contributo all’aumento delle antibiotico-resistenze.
In conclusione, affinchè gli antibiotici che abbiamo a disposizione continuino ad essere efficaci, vanno prescritti e utilizzati in maniera appropriata. Questo trova conferma nel piano del Ministero della Salute, che con una visione complessiva, ha l’obiettivo di migliorare la consapevolezza dei pazienti ma conferma anche la necessità per i medici di aggiornarsi, sulla base di conoscenze nuove sulle indicazioni dell’antibiotico.
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