Salute denti e gengive

Ho la parodontite e il mio dentista mi ha proposto la chirurgia parodontale: è la soluzione giusta per me?

A cura di Livia Nastri, membro della Commissione Canale Ansa SIdP

Redazione Ansa

La parodontite è una malattia cronica complessa le cui cause risiedono fondamentalmente in un’alterazione del rapporto tra biofilm batterico e la risposta infiammatoria dell’ospite. Questo rapporto è condizionato da molteplici fattori, sia locali che generali, che vanno evidenziati per poter correttamente diagnosticare e trattare la parodontite. Nel 2018 sono stati pubblicati una serie di articoli scientifici per condividere con gli odontoiatri e con gli operatori sanitari le conclusioni del lavoro del World Workshop sulla classificazione delle malattie parodontali. La “nuova” classificazione ha consentito così di stadiare la gravità delle parodontiti in maniera più precisa, ma anche di evidenziare i fattori negativi che possono influire sul rischio di progressione del danno parodontale. Sulla base di questa accuratezza diagnostica, è stato possibile ad un gruppo numeroso di esperti di mettere a punto e di pubblicare nel 2020 delle linee guida per la terapia delle parodontiti. Tale terapia viene suddivisa in una serie di step, che non possono prescindere dalla raccolta delle informazioni generali, cliniche e radiografiche del paziente e dalla necessità di informare ed istruire il paziente stesso sulla natura, sulle cause e sulle possibilità terapeutiche della sua malattia.

La chirurgia parodontale rappresenta il terzo di 4 step terapeutici e non sempre trova indicazione. Per valutare se sia necessario, oppure utile, ricorrere alla chirurgia parodontale bisogna prima verificare la corretta esecuzione dei precedenti step terapeutici. Nel primo step, dopo un’attenta diagnosi, il paziente viene sottoposto alla rimozione meccanica professionale del biofilm e contemporaneamente istruito al controllo domiciliare della placca batterica, con consigli individualizzati ed efficaci per ridurre l’accumulo del biofilm responsabile della parodontite; i fattori di rischio, eventualmente presenti (comportamentali come il fumo, sistemici come il diabete, locali come la presenza di carie, di restauri incongrui o di tartaro) devono essere eliminati o posti sotto controllo allo scopo di ristabilire per quanto possibile il miglior equilibrio, la cosiddetta omeostasi tra il biofilm batterico e la risposta del paziente. In questa fase la collaborazione del paziente è fondamentale, sia per quello che concerne l’attenzione all’igiene orale, sia per l’adesione al programma professionale di terapia. La terapia prosegue con il secondo step in cui vengono decontaminate con attenzione le zone non visibili del dente e viene rimosso il biofilm batterico sottogengivale: questa fase è cruciale per l’eliminazione dell’infezione e la conseguente risoluzione dell’infiammazione che si verifica dopo circa 6-8 settimane dal termine della terapia. La maggior parte dei pazienti e la maggior parte dei siti raggiungono la guarigione, con assenza di infiammazione e una riduzione entro i 4 mm delle cosiddette “tasche parodontali”, accedendo direttamente al quarto step della terapia, quello della terapia di supporto per il mantenimento della salute raggiunta. Alcuni siti potrebbero dover ripetere lo step 2 della terapia. Solo alcuni siti, in pazienti idonei, e solitamente con

uno stadio più grave di parodontite all’inizio della terapia, traggono beneficio dal terzo step di terapia , quello della chirurgia parodontale. Questa può essere di 3 tipi: conservativa di accesso, resettiva e rigenerativa. Il primo tipo di chirurgia è appropriata in tasche residue profonde o di difficile accesso con la terapia non chirurgica, ma ne è il virtuale proseguimento, poiché il suo scopo è quello di rimuovere il biofilm dove lo step 2 non avesse avuto completo successo. In caso di tasche parodontali residue profonde le linee guida suggeriscono la loro riduzione per mezzo di tecniche di chirurgia resettiva. Questo tipo di chirurgia prevede la correzione dei livelli di osso esito della parodontite con un rimodellamento più idoneo alla successiva guarigione stabile nel tempo, riducendo il rischio di progressione. Anche se le tecniche sono sensibilmente più raffinate rispetto ad alcuni anni fa, l’esito della terapia resettiva può comportare un aumento della recessione, cioè dei denti più lunghi, ma la guarigione avviene con una minima profondità residua delle tasche e una loro maggiore stabilità nel tempo. L’ultimo tipo di chirurgia parodontale è senza dubbio il più desiderabile. In caso di siti in cui la perdita ossea si è verificata con particolari modalità (i cosiddetti difetti infraossei) è ampiamente dimostrata la possibilità di ottenere un guadagno di attacco parodontale e di osso di supporto, con la diminuzione della profondità della tasca parodontale. La chirurgia rigenerativa è in grado di modificare la prognosi del dente, ristabilendo delle condizioni di miglior livello di attacco parodontale e contemporaneamente realizzando delle condizioni anatomiche cliniche più favorevoli per il controllo del biofilm. Sebbene auspicabile, questa chirurgia non è applicabile in tutti i difetti parodontali a tutti i pazienti: i pazienti dovrebbero aver dimostrato un alto livello di collaborazione all’igiene orale, i fattori di rischio sistemici e il fumo dovrebbero essere stati eliminati, pena il fallimento della procedura chirurgica. Bisogna aggiungere, per completezza di informazione, che la gestione dei casi più gravi di parodontite e in particolare delle procedure chirurgiche più raffinate, dovrebbe essere sempre eseguita da odontoiatri con un’alta specializzazione in ambito parodontale, con una formazione idonea e un’esperienza clinica adeguata.

Al termine della fase chirurgica i pazienti devono essere rivalutati e inseriti in un programma di terapia di supporto parodontale, individualizzata sui risultati ottenuti e sui fattori di rischio, per mantenere i risultati raggiunti con le varie fasi della terapia parodontale e assicurare la stabilità nel tempo del risultato clinico e radiografico.

In conclusione, la chirurgia parodontale è una delle possibili terapie previste dalle linee guida ma non è un trattamento isolato: indispensabile per il suo successo è il rispetto delle procedure che mettono al centro del trattamento il paziente, con la sua parodontite, le sue caratteristiche cliniche ma anche con i suoi fattori di rischio sistemici, comportamentali, le sue richieste ed aspettative e la sua partecipazione attiva al trattamento, senza la quale tutti i trattamenti, compreso quello chirurgico, non sono destinati al successo.

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