ROMA - L'Italia è il primo produttore farmaceutico dell'Unione Europea: dopo anni di inseguimento, ha infatti superato la Germania con una produzione di 31,2 miliardi di euro, contro i 30 dei tedeschi. Un successo dovuto al boom dell'export, che oggi sfiora i 25 miliardi. Un successo evidenziato dal presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, in occasione dell'Assemblea Pubblica di Farmindustria, che quest'anno celebra i 40 anni dalla nascita.
"Siamo i primi in Europa per produzione farmaceutica, grazie al vero e proprio traino dell'export. Un successo made in Italy - sottolinea Scaccabarozzi - che dimostra la qualità del nostro sistema Paese. E che ha ricadute importanti: maggiore occupazione, soprattutto per i giovani; più investimenti che creano valore sul territorio; sinergie con l'indotto e le Università; sviluppo degli studi clinici che fanno crescere la qualità delle cure e portano al Servizio Sanitario Nazionale importanti risorse". Dunque, rileva, "abbiamo dimostrato sul campo di essere una freccia nell'arco del Sistema Italia. E possiamo ancora esserlo attraverso una partnership con le Istituzioni per risolvere i problemi urgenti e fondare una governance di lungo respiro. Siamo disponibili - annuncia - a contribuire con proposte concrete allo sviluppo del Paese".
La crescita della produzione negli ultimi 10 anni, evidenzia Farmindustria, è stata determinata al 100% dalle esportazioni: l'Italia ha segnato il maggiore incremento dell'export farmaceutico tra i Big Ue negli ultimi 10 anni (107% complessivo rispetto a 74%). Un export che è cresciuto dal 1991 al 2017 di 15 volte, passando da 1,3 a 24,8 miliardi. Nella classifica per export dei 119 settori dell'economia in Italia, nel 1991 i medicinali erano al 57/mo posto, oggi sono al quarto (dopo due settori della meccanica e gli autotrasporti). Inoltre, nella classifica nazionale per export dei poli tecnologici di tutti i settori, i primi due sono farmaceutici - Lazio e Lombardia - e Toscana e Campania sono rispettivamente al quarto e al settimo posto. La farmaceutica rappresenta il 55% dell'export hi-tech del Paese.
Occupazione in crescita
Le imprese del farmaco avanzano sul fronte occupazionale: gli addetti nel 2017 hanno raggiunto quota 65.400 (93% a tempo indeterminato), 1.000 in più rispetto al 2016. E nell'ultimo triennio le assunzioni sono state 6.000 ogni anno. E fiore all'occhiello del settore è l'occupazione giovanile: secondo i dati Inps, infatti, dal 2014 al 2016 gli addetti under 35 nell'industria farmaceutica sono aumentati del 10%, rispetto al +3% del totale dell'economia. E' questo il quadro del settore illustrato oggi in occasione dell'Assemblea pubblica di Farmindustria.
L'associazione delle imprese del farmaco coordina anche un progetto pilota, avviato dal Ministero dell'Istruzione (MIUR), di Alternanza Scuola-Lavoro "in filiera". Un progetto che vuole dare la possibilità agli studenti degli ultimi anni di scuola superiore di entrare in contatto con il mondo delle imprese. E tante sono anche le donne occupate, pari al 42% del totale, molto di più rispetto alla media del totale industria (25%). Spesso con ruoli importanti nell'organizzazione aziendale. Sono donne infatti circa il 40% di dirigenti e quadri. Con il 52% di ricercatrici, si può poi affermare che la ricerca è "rosa".
Gli italiani hanno guadagnato 10 anni vita da 1978
Dal 1978 a oggi gli italiani hanno guadagnato circa 10 anni di vita, grazie all'impegno nella prevenzione, all'attenzione agli stili di vita, ai progressi della scienza medica. Il dato è stato evidenziato in occasione dell'Assemblea pubblica di Farmindustria, che celebra quest'anno il quarantennale dalla nascita. È calata infatti la mortalità, sottolinea l'associazione delle imprese del farmaco, per le prime cinque cause di decesso degli anni '80: la mortalità è calata del 64% per malattie del sistema cardiocircolatorio e del 25% per i tumori maligni, ed oggi 2 persone su 3 a cui è diagnosticato un cancro sopravvivono dopo 5 anni (30 anni fa sopravvive 1 paziente su 3). La mortalità è inoltre calata del 47% per le malattie del sistema respiratorio; del 63% per le patologie dell'apparato digestivo; dell'87% dal 1985 per l'HIV/AIDS che, conclude Farmindustria, "grazie alla prevenzione e ai grandi progressi farmaceutici si può ormai considerare una patologia cronica".