Febbre, profonda stanchezza e debolezza, sudorazione notturna, forte prurito, dolori alle ossa e dimagrimento. Sono i alcuni sintomi della mielofibrosi, tumore raro del sangue, malattia cronica del midollo osseo con un'incidenza che si aggira tra 500 e 700 nuovi casi in Italia ogni anno. Finora, le terapie a disposizione erano limitate, senza reali passi avanti nell'ultimo decennio. L'Agenzia del Farmaco (Aifa) ha approvato però ora la rimborsabilità di fedratinib, terapia mirata sia nei pazienti di nuova diagnosi che in quelli già trattati con la terapia standard, quando questa non è più in grado di gestire la malattia. Fedratinib ha dimostrato di controllare in maniera efficace la splenomegalia, l'ingrossamento della milza, manifestazione clinica caratteristica della mielofibrosi, e i sintomi debilitanti correlati alla malattia, migliorando la qualità di vita dei pazienti.
Alle nuove opportunità nel trattamento è dedicata una conferenza stampa di Celgene, parte di Bristol Myers Squibb.
"La mielofibrosi appartiene al gruppo delle malattie mieloproliferative croniche, che comprendono anche policitemia vera e trombocitemia essenziale - afferma Alessandro Maria Vannucchi, Ordinario di Ematologia all'Università di Firenze -.Nella maggior parte dei casi colpisce persone fra i 60 e i 70 anni. La splenomegalia si verifica in quasi tutti i pazienti ed è responsabile di una serie di disturbi, soprattutto gastrointestinali". Il trapianto di cellule staminali è ad oggi l'unico approccio curativo, ma solo solo il 5-10% dei pazienti è candidabile e la mortalità a 5 anni è compresa fra il 10 e il 60%. "La causa della mielofibrosi -aggiunge Francesco Passamonti, Ordinario di Ematologia all'Università dell'Insubria - non è chiara, ma più della metà dei pazienti presenta una mutazione del gene responsabile della sintesi di una particolare proteina, detta JAK2. Negli ultimi anni è cambiata la gestione della malattia, grazie a terapie mirate che hanno come bersaglio proprio le proteine della famiglia JAK2. Dopo un periodo fra 3 e 5 anni, sappiamo però che circa la metà dei pazienti trattati con la terapia standard, ruxolitinib, un inibitore di JAK, perde la risposta al farmaco".Da qui l'importanza dell'approvazione della rimborsabilità di fedratinib da parte di Aifa.
-
Pazienti, per farmaco mielofibrosi non ci siano differenze tra Regioni |
|
|
La nuova terapia per la mielofibrosi, fedratinib, la cui rimborsabilità è stata approvata da Aifa, Agenzia italiana del farmaco, sia disponibile per tutti, in tempi brevi. Questo l'auspicio di Aipamm - Odv (Associazione Italiana Pazienti con Malattie Mieloproliferative). Fedratinib ha dimostrato di controllare in maniera efficace la splenomegalia, cioè l'ingrossamento della milza, manifestazione clinica caratteristica della mielofibrosi, e i sintomi debilitanti correlati alla malattia, migliorando così la qualità della vita di questi pazienti. Alle nuove opportunità nel trattamento è dedicata una conferenza stampa oggi a Roma, promossa da Celgene, ora parte di Bristol Myers Squibb. "Ci auguriamo che questa terapia -spiega Antonella Barone, Presidente Aipamm - sia disponibile per tutti in tempi brevi. È un'opportunità per avere un altro tratto di strada da fare. L'auspicio è che non ci siano differenze tra le Regioni: il regionalismo in sanità per noi è sempre stato un grosso problema. La malattia non conosce differenze geografiche". "La mielofibrosi - prosegue Barone - è una malattia cronica che, nelle fasi conclamate, peggiora gradualmente negli anni, compromettendo progressivamente le condizioni generali di salute. Nei casi più avanzati i disturbi sono debilitanti e condizionano notevolmente la vita quotidiana. La malattia può rendere molto difficili attività quotidiane che di solito vengono svolte senza difficoltà, come camminare, salire le scale, ordinare la casa, fare la doccia e cucinare. Molti pazienti dimagriscono e perdono il tono muscolare. Senza trascurare i sintomi tipici dei tumori ematologici. Ad esempio, le sudorazioni notturne sono un disturbo invalidante, perché impediscono sonno e adeguato riposo. Questi sintomi hanno un impatto negativo anche sulle relazioni. Una persona che si affatica facilmente tende a isolarsi, a non condurre una vita sociale con il rischio di ansia o depressione. Inoltre, i pazienti vivono una forte condizione di incertezza sull'andamento e sulla possibile progressione della malattia". "Oggi - conclude - abbiamo più speranze grazie alla disponibilità di una nuova opzione terapeutica nella mielofibrosi, prova che la ricerca progredisce, anche nelle malattie rare". |
|
Leggi l'articolo completo su ANSA.it