Uno studio della John Hopkins University ha dimostrato che indossare un apparecchio acustico può dimezzare il declino mentale nelle persone a rischio di demenza. I risultati, pubblicati recentemente sulla rivista The Lancet, stimano che fino all'8% dei casi di demenza potrebbe essere prevenuto arrestando la perdita dell'udito. Della relazione tra udito e declino cognitivo parla la neuroscienziata Arianna Di Stadio docente presso il Dipartimento GF Ingrassia, Università di Catania e ricercatrice onoraria presso il Laboratorio di Neuroinfiammazione del Queen Square Neurology di Londra.
«Diversi studi nell'ultimo decennio hanno analizzato il rapporto tra la perdita uditiva e il declino cognitivo, così come la relazione tra questo deficit sensoriale e la malattia di Alzheimer. Tutti gli studi condotti hanno identificato una co-esistenza di perdita uditiva e disturbi della cognizione ma non un rapporto di causa ed effetto. Alcuni studi hanno dimostrato che nei soggetti con la perdita uditiva c'è una distruzione delle connessioni uditive nell'encefalo così come accade, in maniera temporanea, in alcune malattie neuro-infiammatorie (come la sclerosi multipla) che possono causare una perdita dell'udito durante la fase acuta di neuro-infiammazione. Uno studio condotto con il mio team pubblicato nel 2021 su Neurological Science analizzava i punti in comune tra la perdita uditiva e la demenza per comprendere se vi fossero elementi che potessero legare queste malattie. Abbiamo identificato alcuni elementi sia di biologia molecolare che radiologici che potevano spiegare non una coesistenza ma un vero rapporto di causa effetto che lega queste due patologie», afferma la Di Stadio.
Dunque, "è fondamentale intervenire tempestivamente sulla perdita dell'udito. Gli studi di risonanza magnetica funzionale hanno infatti messo in evidenza che con la perdita dell'udito alcune aree del cervello 'si spengono' e vari studi dimostrano che c'è quindi un legame di causa-effetto tra perdita di udito e declino cognitivo". Sulla base di differenti studi sia sull'uomo che sull'animale, prosegue l'esperta, "si è visto che l'utilizzo della protesizzazione acuta è in grado di migliorare le funzioni mnemoniche, cognitive e permettere la ricostruzione delle vie uditive che vengono distrutte dalla perdita della funzione acustica. Uno studio sull'animale ha dimostrato che l'uso dell'impianto cocleare, che si usa nella sordità profonda, poteva attivare la microglia nel cervello nella sua forma benefica (neuro rigenerazione) ricostituendo le connessioni delle vie uditive. E l'utilizzo delle protesi acustiche potrebbe produrre lo stesso beneficio nei pazienti con perdita uditiva lieve e media". Lo screening uditivo, conclude, "è fondamentale per identificare il più precocemente possibile il problema così da correggerlo adeguatamente".