"La manovra non prevede per la sanità alcun rilancio del finanziamento pubblico, ma torna a quelle cifre da 'manutenzione ordinaria' messe sul piatto da tutti i governi che, negli ultimi 15 anni, hanno contribuito a disgregare i princìpi di universalismo, uguaglianza ed equità.
In altre parole, dalla manovra non emerge alcun potenziamento strutturale del servizio sanitario". Così il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta commenta le misure per la sanità contenute nella Manovra, nell'ambito di un'analisi indipendente realizzata da Gimbe.
In termini assoluti, conferma l'analisi, è previsto un incremento del fondo sanitario nazionale: di 3 miliardi per il 2024, 4 per il 2025 e 4,2 per il 2026. Ciò porterà progressivamente il fondo a 135,6 miliardi nel 2026. "Tuttavia - fa notare Cartabellotta - considerato che circa 2,4 miliardi saranno destinati al doveroso rinnovo contrattuale del personale sanitario, resteranno per tutte le altre misure 600 milioni nel 2024, 1,6 miliardi nel 2025 e 1,8 nel 2026". Importi "talmente esigui che non riusciranno nemmeno a compensare l'inflazione, né l'aumento dei prezzi di beni e servizi".
Le risorse esigue potrebbero costringere le Regioni ad adottare "strumenti per razionalizzare la spesa deleteri per la qualità dell'assistenza", precisa Gimbe. Un'ulteriore complicazione potrebbe derivare dalla misura che interviene sui tetti per la spesa farmaceutica incrementando dello 0,2% quello per la spesa ospedaliera (acquisti diretti) e riducendo della stessa percentuale quella per gli acquisti in farmacia (convenzionata). "A seguito di questa disposizione, le Regioni avranno un minor gettito dal payback perché complessivamente si ridurrà l'onere per l'industria farmaceutica", dice Cartabellotta.
Criticità anche sull'aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza: le risorse stanziate potrebbero non essere sufficienti.
“La misura è colma. E il nodo pensioni è solo la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Oltre al ricalcolo degli assegni previdenziali, sul quale restano blande le rassicurazioni del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, infatti, la manovra non dà le risposte che gli infermieri si aspettavano neppure sul fronte delle risorse per il prossimo rinnovo del contratto di comparto”. Alla vigilia dello sciopero nazionale di 24 ore proclamato dal Nursind per domani 17 novembre, il segretario Andrea Bottega mette in fila le principali ragioni della protesta.
“In piazza - dice - ribadiremo il nostro 'no' secco all’articolo 33 del ddl Bilancio, che riguarda appunto il ricalcolo retributivo degli assegni previdenziali, di cui chiediamo l’abrogazione. Tutte le altre soluzioni cui il Governo sta pensando in questo momento, infatti, non fanno altro che accelerare la fuga degli infermieri. Un’ulteriore emorragia che davvero non possiamo permetterci”, sottolinea.
“Domani i cittadini toccheranno con mano il Ssn del futuro, con ospedali e territorio senza infermieri. La prospettiva purtroppo è proprio questa. La proposta di importarli in particolare dall’India, infatti, non risolve il problema. Casomai, lo sposta in avanti. Col rischio che più tempo passa e più sarà difficile da una parte fermare gli abbandoni, tra licenziamenti e fughe all’estero, e dall’altra attrarre giovani". Per il sindacalista, "se davvero si vuole cominciare a risolvere la questione alla radice, e non in maniera spot, la strada è una soltanto: agire innanzitutto sulla leva economica, visto che i nostri stipendi sono i più bassi d’Europa, e dare finalmente maggiore autonomia agli infermieri nello svolgimento del loro lavoro. Proprio quello che ribadiremo in piazza, convinti che sia l’unico modo per cominciare a invertire il trend e a vedere i numeri crescere, dando così sollievo anche a chi è già in servizio nel Ssn perché potrà sperare in una più equa distribuzione dei carichi professionali”, termina la nota.
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