Lo scorso anno, le porte dei pronto soccorso italiani si sono aperte 14.448 volte per accogliere una donna vittima di violenza. Per molte di loro - circa l'8% - non era la prima volta. Arrivano nei giorni dell'uccisione di Giulia Cecchettin i dati che danno una stima della violenza sulle donne in Italia. A fornirli è lo stesso ministro della Salute Orazio Schillaci durante la presentazione dell'evento di celebrazione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che si celebra il 25 novembre.
"Questi numeri non possono e non devono lasciarci indifferenti. Non dobbiamo assuefarci alla violenza", ha detto Schillaci. La violenza sulle donne è un fenomeno che il più delle volte passa sotto silenzio. Secondo l'indagine realizzata dalla Commissione d'inchiesta sul femminicidio, il 65% delle vittime non aveva parlato della violenza con nessuno prima di cadere vittima della violenza. "La più grande alleata della violenza è la solitudine e il pronto soccorso non è il miglior posto per aiutare queste donne, ma sappiamo che prima o poi una donna vittima di violenza passa di là", spiega Vittoria Doretti, direttrice della rete regionale del Codice Rosa in Toscana. Per questo, da quasi un decennio i pronto soccorso italiani hanno cominciati ad attrezzarsi per dare aiuto alle donne e, dal 2017, esistono linee guida nazionali che prevedono l'istituzione di appositi percorsi protetti che garantiscono cura, sicurezza e orientamento ai servizi antiviolenza per se stesse e i figli minori.
"Il Pronto Soccorso è il luogo dove è possibile intercettare la vittima di violenza perché è qui che si cerca il primo intervento sanitario", ha detto Schillaci. A cinque anni di distanza dalla pubblicazione delle linee guida è stata realizzata un'indagine per verificare quanto il loro contenuto sia stato implementato e, soprattutto, quanto le donne vittime di violenza riescano a trovare risposte nei pronto soccorso. Dall'indagine, presentata oggi, è emerso un quadro con più luci che ombre: la sensibilità è alta, i percorsi sono attivi nella gran parte degli ospedali e gli operatori hanno ormai una solida formazione. Nel dettaglio, secondo l'indagine, il 77% delle strutture ha in uso i protocolli attuativi del percorso per le donne che subiscono violenza; l'83% assicura percorsi diversificate e dimissione protetta alle donne per cui sia stato valutato un rischio alto; il 59% ha un'equipe multidisciplinare dedicata. Quasi tutti i pronto soccorso, poi, garantiscono, in presenza di figli minori, la possibilità che possano restare con la madre e che siano coinvolti nel suo stesso percorso; segnala alla donna la presenza sul territorio dei centri antiviolenza e la possibilità di sporgere querela. Non mancano però le criticità: solo il 44% delle strutture assicura il supporto di mediatrici linguistico-culturali vis à vis in pronto soccorso (anche se sale a 79% la quota di quanti lo assicurano telefonicamente), il 38% delle strutture non ha un sistema per l'accompagnamento delle donne e degli eventuali figli a una struttura protetta esterna; il 72% non assicura una una presa in carico sociale attiva h24, mentre il 61% non prevede figure di supporto per le donne con disabilità. "Oggi è la giornata per ribadire l'impegno su questi fronti", ha aggiunto il ministro della Salute. "Ribadisco che una formazione professionale appropriata e capillare costituisce uno dei principali strumenti di prevenzione e contrasto della violenza". Tuttavia, ha concluso Schillaci, "credo che sia soprattutto un problema culturale che va affrontato da subito anche nelle scuole".
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