Si è tanto dibattuto "e ancora oggi si discute della necessità di garantire la resilienza del nostro sistema sanitario, o meglio, della sua capacità di assicurare universalità e gratuità di cure, anche in un contesto di crisi economiche, di guerre che hanno sempre impatti ben oltre i loro confini e di emergenze sanitarie che mettono a dura prova strutture e personale sanitario. In poche parole di salvaguardare la sostenibilità del welfare sanitario che oggi è ovunque minato da alcune criticità.
"Appello - prosegue il ministro - rilanciato poche settimane fa dall'Ocse". "La cura più efficace non deve limitarsi a eliminare i sintomi (i tempi di attesa) ma a superare la patologia -sottolinea - che oggi è rappresentata dall'assenza di una revisione dei modelli organizzativi e che ci consentirà di indirizzare opportunamente le risorse economiche mai del tutto sufficienti in ambito sanitario. Per fortificare il nostro servizio sanitario non basta, per quanto necessario, incrementare il finanziamento se non riorganizziamo l'offerta sanitaria, partendo dal superamento definitivo di una sanità ospedalocentrica, che non vuol dire rivedere percentuali di posti letto rispetto al numero di abitanti secondo una logica prettamente economica come è avvenuto in passato". "La prospettiva - rileva - è quella di una revisione dell'assetto ospedaliero rendendolo resiliente e flessibile, e quindi capace di rispondere ai nuovi driver epidemiologici e demografici.
E per fare ciò, occorre procedere contestualmente al rafforzamento della medicina territoriale, in un rapporto complementare all'ospedale. Senza dimenticare l'integrazione con i servizi sociali, poiché, come ben sappiamo, molto spesso dietro un bisogno sanitario c'è un bisogno sociale".