(ANSA) - NAPOLI, 20 MAR - Aveva 47 anni, D.L.
Per i familiari l'epatite C sarebbe stata causata da una sacca
di sangue infetto. Una tesi accolta ora dalla sezione distaccata
di Casoria del tribunale di Napoli, che con una recente sentenza
ha condannato il Ministero della Salute al pagamento di oltre
171mila euro alla moglie dell'uomo (che all'epoca del decesso
aveva 77 anni) e i quattro figli della coppia (che sempre nel
2018 avevano un'età compresa tra dai 51 ai 43 anni), oltre ad
altri 195mila euro quale danno biologico terminale e danno
catastrofale.
Più di un milione di euro, oltre alle spese di interesse, a
quelle relative alle competenze professionali del legale che ha
seguito la vicenda (l'avvocato Piervittorio Tione) e per il
consulente tecnico d'ufficio.
La storia che riguarda D. L., cittadino di Mugnano di Napoli,
parte dal ricoverato per una frattura al femore, per la quale fu
sottoposto ad una trasfusione di sangue nel 1985 presso il CTO,
sangue rivelatasi poi - secondo la tesi del tribunale -
infettato dal virus dell'epatite C.
Nel 2000 D.L. scopre di avere sviluppato il virus epatico, per
morire all'età di 77 anni a seguito di complicanze collegate
alla cirrosi epatica.
"I familiari - spiega il loro legale, Piervittorio Tione - hanno
deciso di adire il tribunale partenopeo per ottenere la condanna
del Dicastero della Sanità al pagamento di un risarcimento sotto
un duplice profilo: per il cosiddetto danno 'iure hereditario"
(e cioè i danni fisici e morali che spettavano al soggetto
trasfuso e poi trasferiti, in virtù della sua morte, agli eredi)
e per il cosiddetto danno 'iure proprio', cioè danno morale (non
patrimoniale) che spetta ai congiunti più stretti (coniuge e
figli) che vedono finire in modo traumatico la relazione con il
proprio caro". (ANSA).
Morto per trasfusione sangue infetto, Ministero condannato
Epatite C e poi cirrosi: risarcimento milionario per la famiglia